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martedì 28 settembre 2010

domenica 26 settembre 2010

Crenicichla ypo, sempre più Paraná


Femmina di Crenicichla ypo (si tratta di un paratipo: individuo che fa parte degli esemplari utilizzati per la descrizione). Nel riquadro la pinna dorsale con la fascia rossa caratteristica della specie che la distingue da C. yaha.
Fotografia tratta dalla pubblicazione. Tutti diritti riservati..

Maschio di Crenicichla ypo (si tratta di un paratipo: individuo che fa parte degli esemplari utilizzati per la descrizione). Nel riquadro in alto un dettaglio dei punti arancio sui fianchi e in basso la pinna dorsale macchiettata.
Fotografia tratta dalla pubblicazione. Tutti diritti riservati.


Un'altra nuova specie dall'enorme bacino idrografico del fiume Paraná (con 3.100.000 km quadrati di estensione vorrei vedere se non salta fuori qualcosa di nuovo di tanto in tanto) e con essa siamo ora a 15. L'ultima è stata Crenicichla hu e rimando al post di agosto e a quello di gennaio per un inquadramento generale di questa specie che può essere ricondotta ai gruppi C. missionera e C. scottii. Anche questa nuova descrizione rimarca l'estremo grado di diversità di quest'area che si trova all'intersezione dei tre maggiori bacini idrografici della provincia di Misiones: Paraná, Uruguay e Iguazú. Nell'articolo si fa riferimento ad uno studio in corso di pubblicazione condotto sulla base di due geni (geni mitocondriali ND2 e citocromo b) – meglio del solito insomma – che riguarda tutte le specie della provincia di Misiones e che sembra confermare il posizionamento di C. ypo. Sarà interessante leggerlo.
L'articolo è open access e il link è in calce al post.


Crenicichla ypo n. sp.

Diagnosi Rispetto alle specie del bacino del fiume Paraná C. ypo si distingue per la seguente combinazione di caratteri: da 6 a 8 macchie irregolari lungo la linea laterale superiore, assenza di punti neri sui fianchi, basso numero di scaglie (47-55) lungo la fila E1, mascella inferiore leggermente prognata (la mascella inferiore è più lunga di quella superiore e quindi curva verso l'alto). Le femmine sviluppano una pinna dorsale con un'ampia striscia nera superiore ed una striscia rossa inferiore di uguali dimensioni.

Distribuzione Bacino dell'arroyo Uruguaí, bacino del medio Paraná nella provincia di Misiones in Argentina.

Etimologia Il termine ypo è un termine Guarani che significa: abitante dell'acqua.

Ecologia La specie è stata raccolta in precedenza e successivamente alla costruzione di una diga nell'arroyo Urugua-í che è un corso d'acqua a corrente moderatamente veloce con affluenti di circa un metro di profondità. Il fondale è costituito da sabbia, fango e ghiaia o roccia. Sono presenti anche piante acquatiche come Echinodorus uruguayensis e Potamogeton pseudopolygonus. C. ypo vive in simpatria con C. yaha ed un'ulteriore specie di Crenicichla non ancora descritta.

Casciotta J., Almirón A., Piálek L., Gómez S., Rícan O. 2010. Crenicichla ypo (Teleostei: Cichlidae), a new species from the Middle Paraná basin in Misiones, Argentina. Neotropical Ichthyology, 8(3):643-648.

domenica 19 settembre 2010

Post congresso


Ogni volta che vado al Congresso AIC torno con qualcosa di nuovo, ma quasi mai sono ciclidi. Gran parte dei miei amici conosce questo curioso aspetto della mia partecipazione e si informa su cosa sia riuscito a raccattare. Oggi per esempio mi sono stati donati:
- un sacchetto traspirante per il trasporto dei pesci (ossigeno e anidride carbonica passano attraverso il sacchetto; ogni volta che vi penso rimango stupito; devo investigare sul materiale);
- una covata di Betta simplex di prima generazione (grazie Miles per il dono e grazie Stefano per averli riprodotti)
- un libro che riporta le conoscenze riguardanti il luccio (Esox lucius) raccolte dal Centro ittiogenico del Trasimeno in collaborazione con l'Università degli Studi di Perugia in tanti anni di ricerca e gestione della specie. Grazie a Mauro Natali per l'inaspettato dono. A volte per rendere felice un uomo basta poco. A breve su questo blog la recensione.

A chi interessasse sappiate che è uscito il numero 0 del bollettino dell'Associazione Italiana Ciclidofili. Se volete visionare le fotografie che hanno gareggiato per la copertina guardate qua. Se vi piace la mia fotografia votatela e fatela votare.


venerdì 17 settembre 2010

Cercatemi qui


Domani sarò al 18° Congresso dell'Associazione Ciclidofila Italiana a Faenza. Ancora una volta la solatia romagna – 18 congressi di cui 13 sotto pioggia battente – ospita una kermesse che mai come quest'anno sembra promettere molto. Relatori interessanti con materiale di prima mano, una mostra scambio ricca e varia, un numero di adesioni che se solo la metà vengono basta e avanza, una cena sociale a base di volatili che sembra avere spodestato la più classica tagliatella, fiumi di sangiovese, un'assemblea sociale con la votazione per il rinnovo del Presidente e del Direttivo, il ritorno della lotteria con ricchi premi e cotillon e soprattutto del bollettino cartaceo. Ce n'è per tutti i gusti.
Il vostro umile blogger sarà là a prendere appunti e fotografie e tenterà di dare un'idea di quello che sta avvenendo attraverso il proprio account twitter. Se fossi in voi però farei di tutto per esserci. Potremmo scambiare due chiacchere e magari vincere qualche barattolo di mangime e di fertilizzante che potrà giacere sul coperchio dell'acquario per anni inutilizzato.

Per il programma cliccate qui.

giovedì 16 settembre 2010

Lo strano caso dei Labetropheus (parte II)

Labeotropheus trewavasae "Chitande"
Fotografia di Alessandro Lasagni

Nella prima parte di questo post, ho trattato la storia tassonomica di questo genere di Ciclidi africani, ora continuerò ragionando sul da farsi e ripartendo dai concetti di specie.
Se accettiamo il concetto biologico di specie, il concetto incentrato sulla possibilità che due individui possano incrociarsi tra loro e figliare, il mistero dei Labeotropheus sembra rimanere tale e quale. Infatti tale concetto non è molto chiaro sul destino tassonomico delle diverse popolazioni allopatriche e dichiararle specie diverse o semplicemente morfi locali è quasi solo questione di gusto personale. Tuttalpiù possiamo programmare una serie di esperimenti tra maschi e femmine di popolazioni differenti e vedere se gli individui si scelgono. Se due popolazioni manifestano preferenze significative nei vari incroci allora appartengono alla stessa specie. Il concetto di specie che si basa sul riconoscimento dei partner, invece, pone problemi di altro genere: in base ai principi di questo concetto l'ibridazione in natura non dovrebbe esistere dato che all'interno di ogni specie gli individui dovrebbero riconoscersi facilmente. Il che non è vero. Il concetto darwiniano di specie, invece, è riconducibile a un concetto di specie filogenetico, un concetto in cui ciò che conta è la purezza dell'ascendenza. Per come è stato definito questo concetto, non provo neppure a entrare nei dettagli. Troppa confusione.
Secondo l'autore il concetto di specie più adatto ai ciclidi Mbuna è quello evolutivo: una specie è un singolo lignaggio dove è possibile stabilire relazioni di ascendenza-discendenza per gli organismi che ne fanno parte e che ha una propria tendenza evolutiva ed una propria fine. Quindi una specie in questo caso è una popolazione o un'insieme di popolazioni con gli stessi antenati in comune e che sviluppa qualche tratto che la renda distinguibile da tutte le altre.
In base a quest'ultimo caso per decidere se le popolazioni in oggetto appartengono ad una stessa specie occorre un pianificare una buona serie di incroci controllati e in parallelo studiare attentamente la visione di questi pesci dato che sicuramente influisce sulla capacità di scegliere il partner. Nel Lago Vittoria, per esempio, i ciclidi maschi delle specie di superficie tendono a presentare una maggiore percentuale di rosso rispetto alle specie di habitat profondo. Le femmine di queste specie sviluppano pigmenti della vista sensibili alle lunghezze d'onda maggiori, quelle che virano verso il rosso. Nei Labeotropheus potrebbe essere presente un fenomeno simile per cui le colorazioni maschili sono accoppiate a femmine dotate di specifici pacchetti di recettori in grado di riconoscere la livrea del maschio conspecifico. Una sorta di colorazione "ad personam". Il bello dei ciclidi, infatti, è che questi pesci posseggono almeno sette differenti pigmenti in grado di catturare la luce, ma ne esprimono solo tre alla volta. Calcolate voi le combinazioni possibili.
Concludendo trovo la proposta contenuta nell'articolo interessante e operativa. Occorre solo mettersi lì e attuare gli esperimenti (li trovate nell'articolo, ma c'è siete creativi potete pianificarne altri dato che vi sono almeno 30 diverse popolazioni di Labeotropheus che si differenziano per la colorazione maschile). Quello che mi sfugge è la differenza tra il concetto evolutivo ed il buon vecchio concetto biologico di specie. Non parlo della differenza di definizione, ma di quella operativa. Tutti e due i concetti possono essere messi alla prova con lo stesso sistema: esperimenti di scelta del partner. Quindi perché preferire il concetto evolutivo? Solo perché il concetto biologico non può essere applicato agli organismi a riproduzione asessuata? In fondo parliamo di vertebrati.




Ringrazio Alessandro Lasagni per aver gentilmente messo a disposizione le fotografie dei Labeotropheus.

martedì 14 settembre 2010

Il lato oscuro



Il Centro America è come le ciliege, una specie tira l'altra. Il problema è che i Ciclidi di questa regione depongono quasi tutti su substrato ed anche specie relativamente piccole come quelle del genere Thorichthys richiedono grandi litraggi. Devi perciò resistere alle tentazioni che ti spingono sui ciclidi di grande taglia, soprattutto se non hai molte vasche e se la tua vasca più grande è solo 300 litri. Un paio di giorni fa tuttavia ho capitolato e alla vista di una coppia di Amphilophus nourissati intenta a deporre ho varcato il confine che non avevo mai superato. Se questo non è approdare al lato oscuro ditemi voi cosa è.



PS: Amphilophus nourissati è dedicato a Jean-Claude Nourissat. Se volete saperne di più leggete questo post.
PSS: le notizie scientifiche riguardanti i ciclidi incalzano e da domani lascio da parte il mio lato acquariofilo più bieco e riprendo la consueta programmazione costituita da tassonomia, nuove specie, studi molecolari e quant'altro in quest'ultimo periodo è stato pubblicato. Siete avvertiti.

domenica 12 settembre 2010

Sorprese


A volte succede che in mezzo ai pesci importati vi siano specie che non erano state richieste, alcune volte si tratta di vere e proprie rarità. Come è possibile? Spesso si tratta dello stesso tipo di errore che si commette al supermercato: volevo i cracker salati e ho preso quelli non salati. Perlomeno a me succede spesso. Altre volte, invece, si tratta di errori dovuti a vere e proprie identificazioni errate. Pigliate per esempio un gruppo di Crenicichla nane, mettiamo che si tratti di C. regani "Rio Negro". Mettiamo che peschiate una trentina di femmine ed un po' di maschi da spedire in Italia. Determinare le Crenicichla è un casino, figuriamoci quando si tratta di una specie ad elevatissima variabilità.


Di C. regani qui non c'è molto dato che le femmine di questa specie mostrano ocelli bordati di bianco che in questo caso mancano e in secondo luogo le barre sui fianchi sono in numero maggiore di 9. Di che si tratta quindi? Potrebbe essere C. wallacii o C. notophtalmus. Occorrerebbe acquistare un bel gruppo di pesci e vedere come crescono. C. wallacii e notophtalmus possono essere distinte tra loro perché la seconda ha una banda bianco argentea sulla pinna dorsale (è proprio vero, non importa quante vasche hai, ne mancherà sempre una; nel mio caso anche più di una). Grazie Gianni per avermi segnalato questa chicca.
Se qualcuno ha altre ipotesi me le scriva, da parte mia vi terrò aggiornati: sto scocciando mezzo mondo, qualcosa verrà.

Update: ho spedito le immagini a Oliver Lucanus che è abbastanza convinto che non si tratti di C. regani e a conferma della sua ipotesi aggiunge che ultimamente i pesci importati sotto il nome di regani provengono dalla Colombia e sono C. wallacii oppure delle nuove specie del Rio Inirida. Mi ricorda anche che per essere C. notophtalmus i maschi dovrebbero presentare i primi raggi della pinna dorsale molto sviluppati. Me lo ricordavo, ma non sono sicuro – non ho chiesto – che i pesci fotografati siano selvatici e nelle Crenicichla allevate in acqua che non sia tenera questi filamenti non si sviluppano. È lo stesso caso di Apistogramma trifasciata.

sabato 4 settembre 2010

Nuovi nomi per vecchie specie: Dicrossus foirni e D. warzeli

Dicrossus warzeli
Fotografia di Freshwaterfishfan


Il duemilaedieci è partito in sordina, ma sta dando grandi soddisfazioni. Le descrizioni di nuove specie di ciclidi si stanno accumulando ad un ritmo velocissimo ed oggi è la volta di due specie sudamericane che sono già abbastanza note in acquariofilia. Sto parlando di Dicrossus foirni e D. warzeli più conosciute come Dicrossus sp. "Rio Negro", "Rotflossen" o "Doppelpunkt" la prima e Dicrossus sp. "Rio Tapajós", "Dreipunkt", "Tapaios" la seconda. Prima di presentare la solita breve scheda una scarna considerazione. Con questi due taxon il genere Dicrossus ha ora 5 specie descritte che potrebbero presto diventare 6 dato che D. filamentosus mostra due diverse forme con areali di distribuzione differenti: Rio Negro e Rio Orinoco.


Dicrossus foirni n. sp.

Diagnosi D. foirni si riconosce per la presenza di tre file di doppie macchie scure ovoidali che corrono lungo i fianchi. I maschi adulti sviluppano una pinna dorsale appuntita che può terminare con un lungo filamento.

Distribuzione Bacino idrografico del Rio Negro superiore e medio.

Etimologia Foirni è l'acrostico di Federação das Organizações Indígenas do Rio Negro (FOIRN).

Ecologia Questa specie vive allo stadio adulto in ogni tipo di acqua mentre da giovane è stata osservata unicamente in acque scure e chiare molto acide e tenere. In alcune località è trovata in sintopia con Dicrossus filamentosus.



Dicrossus warzeli n. sp.

Diagnosi D. warzeli presenta tre file di macchie scure ovoidali allungate che corrono lungo i fianchi. I maschi adulti sviluppano una pinna caudale lanceolata con un margine biancastro che appare anche nella pinna dorsale, mentre la pinna anale varia dal blu acciaio all'azzurro. Le femmine possiedono pinne impari trasparenti ad eccezione della pinna dorsale che si presenta vitrea.

Distribuzione Bacino idrografico del Rio Tapajos superiore e medio.

Etimologia La specie è dedicata a Frank Martin Warzel che oltre ad averla raccolta per la prima volta, l'ha importata e riprodotta.

Ecologia Questa specie vive unicamente in acque chiare caratterizzate da acqua notevolmente acida (pH 4).



L'articolo è open access.





giovedì 2 settembre 2010

E chi li conta più?

Fotografia: waterpollo

Giorno che passa Australoheros che trovi ed oggi è il turno di Australoheros acaroides. Questa volta però non ho particolari rimostranze da portare dato che la risurrezione di questa specie è dovuta ad una nuova analisi delle specie brasiliane descritte in passato che tanto avevo auspicato in post precedenti. A. acaroides, infatti, fino ad ora è stato considerato un sinonimo di A. facetus, ma una nuova analisi del materiale conservato ha evidenziato alcuni caratteri in grado di distinguere tra loro le due specie: posizione della bocca, spessore del labbro, numero di file di scaglie sulle guance e diverso numero di denti esterni sul ceratobranchiale. Quindi bentornato Australoheros acaroides.


Australoheros acaroides n. sp.


Distribuzione Regioni inferiore e media del bacino del rio Jacuí, lago Guaíba ed affluenti e sistema lagunare Patos-Mirim dal Brasile meridionale.

Etimologia Acaroides probabilmente deriva dal termine locale acara utilizzato per indicare i ciclidi sudamericani e dal suffisso oides che significa simile a.

Ecologia A. acaroides popola corsi d'acqua con corrente moderata e substrato argilloso. Durante il periodo secco questo ciclide si spinge nelle zone inferiori del corso che risultano ombreggiate dalla vegetazione.

Note La specie è stata descritta da Hensel nel 1870 ed è stata ridotta in sinonimia con Chromis facetus (ora Australoheros facetus, la specie tipo del genere) da Steindachner nel 1875. L'articolo che presenta la descrizione della specie è liberamente scaricabile al link sottostante.
Ah, per chi lo volesse sapere siamo alla ventunesima specie descritta di Australoheros.