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giovedì 24 febbraio 2011

sabato 12 febbraio 2011

Specializzarsi per fare di tutto

ResearchBlogging.org
Questo post fa parte del secondo Carnevale della Biodiversità che stavolta è ospitato da Leucophaea.

Le mascelle faringee di Amatitlania nigrofasciata.

Nel precedente post del Carnevale della Biodiversità si parlava delle forme dei ciclidi e di come il loro corpo ed in particolare le mascelle si siano modificate per cacciare pesci, raschiare alghe, risucchiare plancton, frantumare molluschi evitando così di entrare in competizione gli uni con gli altri. Oggi ci soffermiamo su uno dei protagonisti di tale post che è ritenuto uno dei fattori chiave della radiazione dei ciclidi: le mascelle faringee.
Mangiare come un ciclide è problematico; anzi, mangiare come un pesce è difficile. I pesci, infatti, non hanno mani o arti e un umano per imitarli dovrebbe rinchiudersi in una camicia di forza. Sfido chiunque a cibarsi in quelle condizioni. Ingoiare insalata, bistecche, zuppe diventerebbe un'arduo compito, una vera tortura. I ciclidi hanno risolto brillantemente la situazione sviluppando un apparato degno di Alien. Avete presente quella bocca che esce dalla bocca principale? I ciclidi sono costruiti così tranne per il particolare che la bocca più interna non è visibile dall'esterno.


Oltre le mascelle tipiche di molti vertebrati, nei ciclidi è presente un secondo paio di mascelle in corrispondenza della faringe che non è esclusivo di questi pesci, ma che in essi ha raggiunto particolari livelli di raffinatezza. Nella maggior parte dei pesci infatti le mascelle faringee servono quasi unicamente a trasportare il cibo mentre nei ciclidi manipolano il cibo e permettono di sfruttare tutta una serie di fonti alimentari che a molti pesci sono negate. Attraverso delle fusioni la mascella superiore non è più libera di muoversi liberamente, mentre quella inferiore può sviluppare pressioni molto intense. In base all'alimentazione che contraddistingue una specie, le mascelle faringee portano denti tozzi o affusolati, piccoli, grandi o medi, numerosi o scarsi. La radiazione dei ciclidi viene perciò spiegata con la flessibilità e la specializzazione alimentari che li contraddistinguono e con la competizione tra specie. Ogni specie, soprattutto quelle dei grandi laghi africani, si specializzerebbe in una particolare dieta che evita di competere con altri ciclidi. Osservare le mascelle faringee permette allora pressapoco di intuire cosa mangia un ciclide. Cuvier ne sarebbe orgoglioso: datemi una faringe e ricostruiremo un organismo e il suo mondo. A sfidare questa visione dell'evoluzione dei ciclidi, che lui stesso ha contribuito a fondare, ci ha pensato Karel Liem. Egli ha infatti suggerito che i ciclidi più specializzati dal punto di vista alimentare sono anche quelli meno schizzinosi e caratterizzati da diete generaliste. Questo fenomeno è noto come paradosso di Liem.


Anatomia della faringe di un ciclide. Le linee nere indicano il movimento dei muscoli.

Le prime dimostrazioni del paradosso di Liem sono state compiute in laboratorio, mentre in natura la situazione appare più sfumata. È il caso di Astatoreochromis alluaudi, un Haplochromino ampiamente diffuso nell'Africa Orientale e nel lago Vittoria, che si è sempre pensato dipendesse dai molluschi viste le mascelle faringee vistosamente sviluppate. I ciclidi che si nutrono di materiale duro, infatti, sviluppano denti faringei ampi e tozzi e mascelle generalmente ipertrofiche. L'analisi della dieta della popolazione di A. alluaudi del lago Saka in Uganda però non ha confermato una dipendenza così stretta da lumache e bivalvi, anzi sembra che questo ciclide si nutra di un po' di tutto. In questo caso l'ecologia non sposa la morfologia o viceversa.
L'unico indizio che sembra influenzare, oserei dire quasi predire, la dieta di questo ciclide è la pioggia. La stagione delle piogge, infatti, coincide con la stagione riproduttiva di numerose specie perché aumenta il numero degli ambienti a disposizione dei pesci. In questo periodo i pasti di A. alluadi sono costituiti quasi esclusivamente di larve di pesci ed è possibile che quando queste prede scarseggiano esso si dedichi a prede alternative come invertebrati e molluschi. Come si sviluppano allora i denti faringei utili al consumo dei molluschi? Sorprendentemente bastano ridotte percentuali di molluschi nella dieta (5%). E la competizione? Non è elevata? Sembra di no.
Che confusione. Per pasmare forma e funzionalità delle mascelle faringee basta poco e quel poco non costituisce il grosso dell'alimentazione. In barba alla propria specializzazione, e seguendo la tradizione che vede i pesci come consumatori opportunisti, un ciclide si ciba di tutto quello che trova, privilegiando la preda più comune. In queste condizioni inoltre la competizione non sembra svolgere un ruolo particolarmente importante. Quindi? Sorge il dubbio che ciò che noi riteniamo specializzato non lo sia. Forse occorre un momento di vera crisi, qualcosa che costringa i ciclidi ad un rendezvouz con lo stress, delle potenti siccità per esempio, come quelle che hanno abbassato i livelli dei laghi di decine se non di centinaia di metri, per apprezzare appieno le qualità delle particolarità anatomiche delle mascelle faringee. Non è necessario mettere in campo in ogni momento il meglio che si ha e la selezione naturale può picchiare duro, ma può anche lasciare correre. In attesa di eventi drammatici lasciamo godere i ciclidi dell'usuale lento scorrere della vita.

Binning, S., Chapman, L., & Cosandey-Godin, A. (2009). Specialized morphology for a generalist diet: evidence for Liem's Paradox in a cichlid fish Journal of Fish Biology, 75 (7), 1683-1699 DOI: 10.1111/j.1095-8649.2009.02421.x

venerdì 11 febbraio 2011

Divertimenti


Ripreso, mi sono ripreso, finalmente, ed oggi ero qua ad allestire una nuova vasca. Ora ci divertiamo.

giovedì 3 febbraio 2011

Tanti auguri!

Ieri la Convenzione di Ramsar ha compiuto quarant'anni e come da tradizione anche quest'anno il 2 febbraio è stato dichiarato Giornata internazionale delle Zone umide. Queste ricorrenze dovrebbero essere giornate di festa ed invece sembra di essere a un funerale perché si tramutano in lamenti riguardanti cosa abbiamo perso. Se vi interessano dei dati guardate qua e qua.
Dove vivo io, pianura della provincia di Bergamo, l'acqua ha modellato il territorio e le menti al punto che le leggende vogliono la presenza in passato di un enorme lago, il lago Gerundo (trovate un buon resoconto sui mostri del lago Gerundo in questo link a cura del CICAP). In realtà il lago era un'immensa zona acquitrinosa che le bonifiche medioevali domarono donandoci i fontanili. A parte i fontanili, oggi, le zone umide sono veramente poche. Io ne conosco solo una, ma non ho pretese di onniscienza. È una piccola raccolta d'acqua temporanea dominata dalla cannuccia di palude che ospita una fiorente popolazione di tritone crestato (Triturus carnifex). Ogni anno i lavori agricoli ne riducono la superficie; è un lento stillicidio che passa inosservato. Ora siamo sotto l'ettaro.

D'inverno appare così, ma non lasciatevi ingannare; d'estate, quando risale l'acqua, l'area pullula di vita

Non era però mia intenzione scrivere un post melanconico o di disprezzo verso il mondo e per questo pongo una questione. Nel mettere in risalto l'importanza delle zone umide si insiste tanto sul loro valore economico che dovrebbe attirare il consenso al salvataggio (estrazione di torba, riserve di pesca...). Eppure le zone umide continuano ad essere distrutte. Perché? La risposta per me è semplice. Il valore economico delle zone umide ricade sulla collettività e ricadendo su tutti è come se ricadesse su nessuno. Forse il gioco riesce meglio se puntiamo sulla biodiversità delle zone umide, sul loro valore etico. Che ne pensate?
È opportuno che torni ai ciclidi: il Carnevale della Biodiversità incombe.