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mercoledì 29 aprile 2009

Mangiare scaglie, mimetizzarsi e vagare dove si può. Lo strano caso dei Perissodini.

Perissodus microlepis
Fotografia di Per Arthur Tagø

Il gruppo è tranquillo, ma ad un tratto un individuo si lancia in un attacco fulmineo e morde sulla cute il pesce più vicino. Dopo meno di una manciata di secondi tutto è finito, l'aggressore se n'e andato e la vittima si ritrova con qualche scaglia in meno. Quello descritto è l'attacco di un lepidofago, un pesce che mangia le scaglie. La lepidofagia è una curiosa specializzazione alimentare che non risulta molto diffusa tra i ciclidi. Nel lago Tanganica, per esempio, le specie mangiatrici di scaglie appartengono esclusivamente al gruppo dei Perissodini (Perissodus microlepis, Plecodus straeleni, Plecodus paradoxus, Perissodus eccentricus e Plecodus elaviae) e sono solo sei, mentre nel lago Malawi sono cinque (Corematodus shiranus, C. taeniatus, Docimodus evelynae, Melanochromis lepidiadaptes, Genyochromis mento).
Uno studio recente prende in considerazione la struttura di popolazione di Perissodus microlepis, un ciclide che oltre ad essere lepidofago, mostrare una curiosa asimmetria nella bocca sembra imitare la colorazione di alcuni ciclidi come Cyprichromis leptosoma e Paracyprichromis nigripinnis e di Lamprichthys tanganicanus, un pesce che ciclide non è, per potersi avvicinare alle prede. P. microlepis è diffuso lungo tutta la costa del lago Tanganica, spingendosi anche in acqua aperta per mescolarsi alle popolazioni dei pesci che imita, stranamente senza mostrare le particolari variazioni di colore tipiche di molti altri ciclidi del lago. Per conoscere la struttura di popolazione di questa specie sono state perciò studiate alcune località meridionali del lago: Tongwa, Katukula, Funda, Katoto, Kasakalawe e Wonzye.

L'area di studio

L'analisi genetica ha evidenziato che la maggior barriera al flusso genico (alla libera circolazione dei pesci) è la baia di Mbete, una striscia sabbiosa di circa 7 km di lunghezza. Questo non è un fenomeno nuovo dato che molti ciclidi delle rocce trovano in quest'ambiente sabbioso un notevole ostacolo allo spostamento (Tropheus moori per esempio e Ophtalmotilapia ventralis). Il fatto sorprendente però è che P. microlepis probabilmente non risente tanto della presenza dell'ambiente sabbioso, ma dalla distribuzione dei pesci che imita e di cui si nutre: Cyprichromini e L. tanganicanus e ciclidi a corpo compresso con grandi scaglie. Questo è il primo studio che introduce un meccanismo di differenziazione lungo ambienti discontinui attraverso l'interazione di mimetismo ed associazione preda-predatore tra un predatore mobile e delle prede ad alta specializzazione ambientale.


Koblmüller S., Duftner N., Sefc K. M., Aigner U., Rogetzer M. & Sturmbauer C. 2009. Phylogeographical structure and gene flow in the scale-eating cichlid Perissodus microlepis (Teleostei, Perciformes, Cichlidae) in southern Lake Tanganyika. Zoologica Scripta, 38: 257–268.

martedì 28 aprile 2009

Una rana albina!

Individuo albino di rana esculenta (Pelophylax klepton esculentus).
Fotografia di Livio L.

Nella giornata mondiale della rana non potevo sottrarmi al piacere-dovere di pubblicare un post batracomorfo. Ecco un esemplare di rana esculenta (Pelophylax klepton esculentus) albino. Si tratterebbe di albinismo incompleto, in particolare cutaneo, intendendo con questo che il funzionamento difettoso dei melanofori interessa solo la cute e non l'occhio. In altri esempi l'albinismo può interessare solo l'occhio e non la cute.

sabato 25 aprile 2009

Qualcosa non va

Nell'ultima covata di Xenotilapia sp. "Sunflower Msamba" (di non oltre tre settimane di vita) ho trovato un esemplare con una vistosa deformazione scheletrica.

Larva di Xenotilapia sp. "Sunflower Msamba"
Fotografia di Livio L.

Ecco invece come si presenta un fratello (o sorella) sano.

Larva di Xenotilapia sp. "Sunflower Msamba"
Fotografia di Livio L.

Come ogni acquario che si rispetti, e cioè un ambiente dove la selezione naturale è molto allentata, l'individuo deforme non mostra alcun genere di problema e si nutre e nuota vivacemente.

mercoledì 22 aprile 2009

Conosci per vivere il territorio

La delegazione FAI (Fondo Ambiente Italiano) di Treviglio mi ha chiesto di intervenire alla giornata Conosci per vivere il territorio che si terrà il 9 maggio. Secondo voi di cosa parlerò?

martedì 21 aprile 2009

Tre nuovi Melanochromis: le schede

Cosa sono i generi? Raggruppamenti di specie, ma esistono realmente o sono solo nella nostra testa? Non oso neppure entrare nella titanica questione dell'esistenza delle categorie linneane sovrastanti la specie, ma vi invito a leggere questo post (in poche righe dice tutto quello che serve) le cui riflessioni potete applicare anche ai ciclidi. Aggiungo solo una cosa: nel caso dei ciclidi il tutto si complica dato che in questa famiglia non vi sono molte barriere post-zigotiche, cioè una volta avvenuta la fecondazione, lo zigote, l'embrione, quasi sempre si sviluppa e molto spesso crescendo si dimostra fertile. Potete guardare qua i vari ibridi che nascono e si dimostrano vitali, come solo gli ibridi possono esserlo, in seguito ad incauti accostamenti di specie anche distanti filogeneticamente tra loro in acquario. Potrebbe perciò stimolare il sorriso la discussione sulle caratteristiche che caratterizzano il genere Melanochromis, in fondo i generi non esistono, non sono naturali, ma è tutto dannatamente serio, talmente serio che da circa 80 anni si sta cercando di definire cosa possa essere un Melanochromis. Vale perciò la pena seguire il ragionamento della persona che forse meglio di chiunque altro al mondo conosce i ciclidi del lago Malawi: Ad Konings.
Konings riprende la definizione di Patrick Tawil del 2002 eseguendo qualche aggiustamento derivante dall'aver osservato questi ciclidi in natura. Secondo il gruppo di lavoro di cui fa parte, la prima caratteristica distintiva del genere è la presenza di un pattern melaninico costituito da due strisce laterali orizzontali nere che si staccano su uno sfondo chiaro. La striscia mediana è sempre continua, mentre quella dorsale può essere frammentata. La seconda caratteristica si riferisce all'inversione del pattern nella colorazione maschile riproduttiva. I maschi dominanti di molte specie mostrano un'inversione delle aree melaniniche durante la riproduzione: diventano molto scuri e trasformano le strisce nere in strisce chiare (gialle, bianche o blu). In tre specie, M. lepidiadaptes, M. wochepa, M. kaskazini, questa inversione, una caratteristica che un domani potrà spingere qualcuno ad erigere un nuovo genere, è incompleta dato che le strisce scompaiono completamente. Konings e gli altri rimuovono altre caratteristiche diagnostiche per il genere che erano state selezionate da Tawil come la forma cilindrica del corpo, l'avere un muso allungato ed una bocca di grandi dimensioni perché sembrano essere correlate ad una condizione di ciclidi predatori, condizione che non è comune a tutti i Melanochromis. Dopo tutto quello che è stato detto sul valore dei generi come categoria "naturale", vale la pena imparare simili caratteristiche? Sì, i generi sono costrutti umani la cui definizione è spesso arbitraria, ma sono anche raggruppamenti di specie imparentate strettamente tra loro, sono frutto di una storia evolutiva e conoscerli serve a conoscere qualcosa di più della storia dei ciclidi anche se questo vorrà dire generare discussioni. Ben vengano le discussioni allora se serviranno ad ampliare la nostra conoscenza.
Dopo questa tirata ecco le tre nuove specie.


Melanochromis kaskazini
Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009

Conosciuto in acquariofilia come Melanochromis sp. “Northern” Spreinat 1994 oppure come Melanochromis sp. ‘northern blue’ Konings 1995.

Diagnosi Si distingue da tutti i congeneri tranne M. lepidiadaptes per la livrea maschile dei maschi territoriali che sono blu e mancano di qualunque striscia dorso-laterale o mediana. La femmina è bianca con pinna anale arancione oppure giallastra.

Distribuzione. La specie è diffusa lungo la costa nord orientale tra Nkanda e Lundu.

Note. Si tratta di una specie che frequenta gli ambienti intermedi posti tra i 5 ed i 40 m di profondità dove caccia piccoli pesci ed invertebrati.



Melanochromis wochepa Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009

Conosciuto come Melanochromis sp. "dialeptos blu" Konings 2007 oppure come Melanochromis dialeptos Konings 2001 oppure come Melanochromis sp. "Dwarf auratus".

Diagnosi I maschi di questa specie sviluppano colorazioni blu prive di strisce bianche, mentre le femmine hanno una banda sulla pinna dorsale più ampia delle strisce medio-laterali e dorso-laterali.

Distribuzione La specie è diffusa lungo la costa orientale tra Nkhungu Point e il fiume Lumessi in Mozambico.

Note L'ecologia di questa specie è simile a quella di M. auratus e M. dialeptos. M. wochepa vive in ambienti rocciosi superficiali dove si ciba soprattutto di auwfuchs dove seleziona diatomee ed alghe.



Melanochromis mossambiquensis Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009

Conosciuto come Melanochromis sp. "auratus elongate" Konings 2001.

Diagnosi Questa specie si distingue per un vomero (un osso che forma la parte frontale del palato, per la terminologia specifica guardate qui) fortemente inclinato. La striscia nera mediana e quella dorso-laterale sono più strette della banda nera appena sotto il margine della pinna dorsale. Le strie gialle addominali sono sottili e non coprono mai la parte inferiore del ventre. I maschi sono marroni con strisce laterali dorsali e mediane bianche.

Distribuzione La specie è diffusa in Mozambico tra Chuanga e Nkhungu Reef.

Note M. mossambiquensis frequenta gli ambienti intermedi.


Konings-Dudin, G., Konings, A.F. & Stauffer Jr., J.R. (2009) Descriptions of three new species of Melanochromis (Teleostei: Cichlidae) and a redescription of M. vermivorus. Zootaxa vol. 2076: 37–59.

domenica 19 aprile 2009

Tre nuove specie di Melanochromis: tre specie ed una definizione

Descritte tre nuove specie di Melanochromis del Lago Malawi. Ho già letto l'articolo, ma ci sto rimuginando sopra dato che oltre alla descrizione delle tre specie si rivede, quasi di sfuggita direi, il concetto di Melanochromis stesso aprendo qualche scenario interessante. A breve un commento sul tutto, devo solo chiarirmi qualche idea. Ecco per il momento i nomi delle tre "nuove" specie.

Melanochromis kaskazini Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009
- Conosciuto in acquariofilia come Melanochromis sp. “Northern” Spreinat 1994 oppure Melanochromis sp. ‘northern blue’ Konings 1995

Melanochromis mossambiquensis Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009
- Conosciuto come Melanochromis sp. “auratus elongate” Konings 1995

Melanochromis wochepa Konings-Dudin, Konings & Stauffer, 2009
- Conosciuto come Melanochromis sp. "dialeptos blu" Konings 2007 oppure come Melanochromis dialeptos Konings 2001.

Bibliografia citata
Konings, A. 1995. Malaŵi cichlids in their natural habitat. 2nd ed., Cichlid Press, St Leon-Rot, Germany, 352 pp.
Konings, A. 2001. Malaŵi cichlids in their natural habitat. 3rd ed., Cichlid Press, El Paso, Texas, 352 pp.
Konings, A. 2007. Malaŵi cichlids in their natural habitat. 4rd ed., Cichlid Press, El Paso, Texas, 426 pp.
Spreinat, A. (1994) Malawisee-Cichliden aus Tansania. Unitext Verlag, Bovenden, Germany, 316 pp.





Konings-Dudin, G., Konings, A.F. & Stauffer Jr., J.R. (2009) Descriptions of three new species of Melanochromis (Teleostei: Cichlidae) and a redescription of M. vermivorus. Zootaxa vol. 2076: 37–59.

giovedì 16 aprile 2009

L'acquario africano: conferenza

Pubblica post

Oltre che amico, Enrico, è un'enciclopedia vivente, un raffinato conoscitore di ciclidi e pesci in generale ed un acquariofilo viaggiatore (Gambia, Messico, Lago Tanganica, Uruguay...) Ascoltarlo vale sempre la pena.

mercoledì 15 aprile 2009

Il colore conta, ma...

Che i ciclidi dipendessero esclusivamente dalla vista per il riconoscimento, lo si iniziava a dubitare. La vista è un senso importante per noi ominidi, ma un ciclide può utilizzare di più. Ci sono i suoni e gli odori. E se questi indizi da soli non bastassero per essere sicuri dell'identità di un individuo, probabilmente i ciclidi guarderebbero non solo alle sfumature di colore, ma anche ai pattern melaninici (l'insieme di barrature ed altre marcature) e alla disposizione delle macchie a uovo se presenti.
Uno studio di recente pubblicazione ha investigato gli stimoli su cui le femmine si basano per riconoscere come conspecifico un maschio che li corteggia. I ciclidi studiati appartengono al genere Pseudotropheus (se siano Maylandia o Metriaclima lo lascio decidere a voi) del complesso zebra del Lago Malawi: Pseudotropheus emmiltos, P. zebra della popolazione di Nkhata Bay, P. zebra di Chiofu Bay e P. thapsinogen. Tutti i maschi di queste specie hanno barre verticali blu, ma due popolazioni mostrano una fascia arancione sulla pinna dorsale: P. emmiltos e P. thapsinogen.


Le specie studiate ed il loro areale.
BMC Evol. Biol. 2009, 9: 53

In realtà la ricerca si muove all'interno dell'idea che l'isolamento riproduttivo tra specie si basi sul riconoscimento da parte della femmina della colorazione maschile. Questa ipotesi di lavoro ha trovato ampie conferme in passato: in condizioni di torbidità dell'acqua, coppie di Ciclidi del lago Vittoria si ibridano liberamente, femmine non ibride preferiscono maschi ibridi che mostrano colorazioni simili a quelle dei conspecifici, esperimenti di laboratorio condotti in condizioni di luce monocromatica indicano l'incapacità da parte delle femmine di riconoscere i conspecifici.
Lo studio in questione esamina l'ipotesi che l'evoluzione parallela delle colorazioni nei ciclidi del lago Malawi porti alla speciazione in parallelo (l'origine indipendente degli stessi tratti responsabili dell'isolamento riproduttivo in popolazioni che evolvono in ambienti simili). Tanto per capirci un esempio di speciazione in parallelo è dato dagli spinarelli dei grandi laghi americani dove in ogni lago è presente una coppia di popolazioni: una forma bentonica dalla forma più tozza ed una pelagica più slanciata. Gli spinarelli dimostrano che in condizioni ecologiche simili, popolazioni di località diverse possono evolvere in parallelo e poi, venendo in contatto, formare una specie unica. Sulla base di queste conoscenze gli autori hanno cercato coppie di popolazioni di ciclidi di livrea arancio/blu. Le ipotesi da testare erano due. La prima asseriva che l'accoppiamento selettivo, anche parziale, tra popolazioni situate in località diverse sono il risultato della coevoluzione tra la preferenza della femmina per una forma di colore maschile e il colore della livrea maschile stessa. Sotto questo scenario popolazioni simili per livrea, ma distanti geograficamente si accoppierebbero casualmente, mentre popolazioni vicine dimostrerebbero accoppiamento selettivo. La seconda ipotesi, invece, valutava il ruolo del colore come fattore isolate tra specie. In questo caso gli esperimenti hanno coinvolto unicamente P. emmiltos e P. zebra di Nhkata Bay.
Per testare le due ipotesi sono state eseguite due diverse batterie di esperimenti in cui maschi e femmine delle varie popolazioni venivano introdotti in acquari di grandi dimensioni sotto luce di lampade fluorescenti. Nella prima serie di test ogni maschio era confinato attraverso griglie in una zona della vasca, diversamente dalle femmine che erano in grado di muoversi liberamente e quindi di accoppiarsi con il partner di proprio gradimento. Questo primo set sperimentale intendeva saggiare il ruolo della coevoluzione attraverso la preferenza per il colore. Un secondo tipo di esperimenti testava il ruolo del colore nell'isolamento riproduttivo ed utilizzava acquari come quelli indicati sotto. In a l'acquario è illuminato con luce bianca o monocromatica e le femmine sono in grado di passare attraverso le griglie sul fondo. In b, invece, si ha solo la stimolazione visiva dato che l'acqua della vasca viene asportata impedendo altri generi di comunicazione tra i pesci.


Le vasche utilizzate nella seconda batteria di test.
BMC Evol. Biol. 2009, 9: 53

Nella prima batteria di esperimenti si è osservato che nel caso di popolazioni distanti dal punto di vista geografico, ma simili per colore, le femmine si sono accoppiate preferibilmente con i maschi della stessa popolazione di provenienza. Nel caso invece di specie vicine, ma colorate differentemente, solo P. emmiltos e P. zebra di Nkhata Bay si sono accoppiate riconoscendo i conspecifici. Nel secondo gruppo di esperimenti, invece le femmine di P. emmiltos si riproducevano solo con i maschi conspecifici, anche sotto luce monocromatica. La situazione cambiava quando si bloccava il libero contatto tra i pesci, quando cioè si bloccava la libera circolazione dell'acqua, poiché in questo caso le femmine non mostravano alcuna preferenza verso una colorazione particolare.
Questo studio dimostra che popolazioni vicine con colorazioni differenti non hanno una chiara preferenza verso i maschi della propria forma di colore (quindi secondo gli autori non dovrebbero essere considerate specie differenti!). Il fenomeno inaspettato riguarda invece le popolazioni con colorazioni simili che hanno mostrato elevati livelli di preferenza: le femmine sapevano bene con chi si accoppiavano. Questo risultato sembra mettere in crisi il concetto che il primo passo nella speciazione sia la differenziazione nel colore, o che perlomeno sia lo stimolo chiave per lo sviluppo di barriere isolanti tra (future) specie.
Al termine dello studio sono tre le considerazioni principali che emergono:
1. il riconoscimento nei ciclidi non dipende esclusivamente dai segnali visivi;
2. le femmine di popolazioni divergenti per la colorazione maschile non necessariamente mostrano una chiara preferenza verso i maschi della propria colorazione. Colore e preferenza cioè non procedono di pari passo;
3. gli stimoli coinvolti nei processi di speciazione dei ciclidi non hanno carattere universale.

Blais J., Plenderleith M., Rico C., Taylor M. I., Seehausen O., van Oosterhout C., Turner G. F. 2009. Assortative mating among lake Malawi cichlid fish populations is not simply predctable
from male nuptial colour
. BMC Evol. Biol. 9:53.

giovedì 9 aprile 2009

Promiscuità

A volte la famiglia può essere opprimente, e noi esseri umani lo sappiamo bene, ma nel restante regno animale può essere molto peggio. Chiedetelo ai vari Neolamprologus del gruppo "brichardi" i cui gruppi sociali ricordano le famiglie dominate da un temuto padre-padrone e segnate dagli intrighi e dalle rivalità tra i componenti. L'avevo già detto: non si dovrebbe parlare di gruppo brichardi, ma di gruppo "savoryi", tuttavia pur essendo esasperatamente ligio alla tassonomia, abbandonare il termine brichardi mi procura un certo dolore, dolore che aumenta se ripenso al fatto che brichardi è un termine che, non solo perde il primato di riferimento per il proprio gruppo di appartenenza, ma che dovrebbe addirittura cadere nell'oblio tassonomico dei sinonimi e venire rimpiazzato da pulcher.
Tornando alla famiglia umana, qualcuno ha detto che su di lei è già stato scritto di tutto e che basta leggere Pirandello per conoscerla. Su quelle dei ciclidi invece c'è ancora molto da scoprire e in soccorso arriva un breve articolo fresco di stampa che tratta di Neolamprologus pulcher, una specie endemica del lago Tanganica che depone su substrato. Quella tratteggiata non è una semplice famiglia, antropomorfizzando si potrebbe parlare di famiglia allargata, poiché tecnicamente il termine corretto è gruppo cooperativo per quanto riguarda la riproduzione.
Il tema chiave dell'articolo è squisitamente gossipparo: Chi è figlio di chi. Generalmente nei gruppi sociali la prole può avere diversi genitori che non necessariamente sono gli individui dominanti. Gli individui ai vertici, infatti, possono concedere la riproduzione ai subordinati, oppure essere impegnati in una feroce competizione riproduttiva con altri membri emergenti, oppure essere ingannati da individui parassiti, individui cioè normalmente esclusi dalla riproduzione che tuttavia riescono a fecondare per mezzo di stratagemmi più o meno sofisticati (tipo fingersi femmine per avvicinarsi indisturbati alla coppia) parte delle uova deposte.
Come conoscono bene gli acquariofili, i Neolamprologus pulcher vivono generalmente in gruppi costituiti da una coppia dominante e da un numero variabile di subordinati che può arrivare fino a 20. In questi gruppi esistono notevoli tensioni tra gli individui ed esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che i subordinati spesso hanno modo di figliare all'interno del gruppo stesso. La situazione in natura è leggermente diversa. Dall'analisi genetica di una popolazione di N. pulcher situata in Kasakalawe Bay è emersa una situazione di genitorialità multipla. La maggior parte dei gruppi derivava daall'attività di almeno un paio di padri e di madri, ma la gran parte degli individui era figlia dei dominanti, non necessariamente accoppiatisi tra loro. Per quanto riguarda le femmine, la dominante condivideva spesso il ruolo di madre con una subordinata, un pattern che tuttavia non risulta valido per i maschi. A competere con i maschi dominanti non sono stati i subordinati come avviene nei test in acquario, ma i dominanti dei gruppi vicini. Questo è possibile perché la deposizione delle uova non avviene in unica soluzione, ma si protrae per ore permettendo ad altri maschi la fecondazione. L'analisi genetica ha suggerito inoltre che dominanti e subordinati sono spesso fratelli, piuttosto che genitori e figli. In questi pesci, infatti, è presente un elevato tasso di ricambio dei riproduttori ed un fenomeno di emigrazione a carico esclusivo dei maschi.

Ecco come si presenta la costa a Kasakalawe.





Stiver K. A., Fitzpatrick J. L., Desjardins J. K., Balshine S. 2009. Mixed parentage in Neolamprologus pulcher groups. Journal of Fish Biology, 74(5): 1129 - 1135.

lunedì 6 aprile 2009

Una vita spericolata

Se fosse umano vivrebbe una crisi d'identità. Parlo del rospo smeraldino che negli ultimi anni ha visto vari cambiamenti di nome, di genere e di specie: da Bufo viridis a Pseudepidalea viridis fino a Bufo lineatus (con questo nome si riconosce alla specie un ruolo di endemita italiano). È ancora troppo presto per raccogliere qualche conclusione sul corretto nome da utilizzare per le popolazioni italiane, ma aldilà di ogni variazione di nomenclatura difficilmente il rospo smeraldino cambierà abitudini ed ecologia. Questo piccolo rospo infatti cerca come ambiente riproduttivo soprattutto raccolte d'acqua di piccole dimensioni che hanno lo svantaggio di prosciugarsi molto rapidamente. Ne è un esempio la località che ho fotograto su segnalazione di amici. Si tratta di una pozzanghera di non oltre i 10 cm di profondità e di pochi metri di lunghezza che è stata scelta dalla specie in questione per deporvi le uova. Se nei prossimi due o tre giorni non pioverà andranno perse tutte le covate.


La pozzanghera che è stata scelta come luogo di riproduzione dal rospo smeraldino. Sullo sfondo a destra si può notare il mucchio di asfalto che temo servirà prossimamente per ricoprire la raccolta d'acqua.
Fotografia di Livio L.


Le ovature di rospo sono riconoscibili per avere una forma a cordone.
Fotografia di Livio L.

Vivere dell'effimero ha dei vantaggi (mancanza di competitori e di predatori soprattutto, alta temperatura dell'acqua), ma anche dei notevoli svantaggi che si deve essere disposti a pagare salato nel caso vada male.

venerdì 3 aprile 2009

L'ho promesso

Settimana scorsa ho accompagnato la classe di mio figlio (2° elementare, so che si dovrebbe dire scuola primaria, ma la dizione non mi piace per nulla) in visita al fontanile dei Mosi e gli ho promesso che avrei pubblicato il disegno della risorgiva se avesse prodotto qualcosa di buono. Che ne dite?

Fontanile dei Mosi.

Nell'uscita abbiamo visto un rapace (io come al solito guardavo per terra cercando di scorgere qualche rana e non ho notato nulla, dalla descrizione poteva trattarsi addirittura di un'albanella), dei vaironi (Leuciscus souffia muticellus), alcune sanguinerole (Phoxinus phoxinus), dei giovani lucci (Esox lucius) ed uno scazzone (Cottus gobio) morto che si stagliava nettamente con il ventre bianco sul fondale scuro.

giovedì 2 aprile 2009

Gymnogeophagus tiraparae

Semper America! Continua la descrizione di ciclidi neotropicali e questa volta è il turno di una vecchia (!?) conoscenza acquariofila, Gymnogeophagus sp. "San Borja" che ora riceve il nome di G. tiraparae. Di seguito una breve scheda identificativa.


Gymnogephagus tiraparae sp. n.


Gymnogeophagus tiraparae
Fotografia di Enrico


Diagnosi. G. tiraparae si distingue dagli altri congenerici per la presenza di una bozza nucale adiposa più ampia del bordo superiore della pinna dorsale avente un profilo anteriore verticale ed una estensione compresa tra il labbro superiore ed l'origine della pinna dorsale. Sul corpo sono assenti bande trasversali. Nella pinna dorsale sono visibili due serie orizzontali di punti azzurri e tra i raggi molli una serie di di strisce azzurre.

Distribuzione e habitat. Gymnogeophagus tiraparae è diffuso nel bacino del medio Rio Negro che include i principali affluenti del bacino del Rio Uruguay inferiore e del Rio Tacuari. La specie frequenta fiumi ampi con acqua chiara e fondali rocciosi o sabbiosi caratterizzati dalla scarsità di vegetazione acquatica.

Nel Rio Tacuarembo (Uruguay) vivono Gymnogeophagus aff. gymnogenys e G. sp. "High dorsal" (gruppo rhabdotus), Gymnogeophagus tiraparae, Crenicichla missioneira, C. minuano e C. scottii.
Fotografia di Enrico

Se rileggete il post che avevo dedicato alle diversità nascoste dei Gymnogeophagus (in realtà è meglio rileggere l'articolo che mi ha dato lo spunto) troverete alcuni riferimenti a quattro cladi (nel post avevo utilizzato il termine generico gruppi) tra cui è presente anche Gymnogeophagus tiraparae. Di particolare interesse è il fatto che questa specie ha un distribuzione discontinua legata al Rio Negro inferiore ed al Rio Tacuari che è nota anche per alcune specie di killifish del genere Austrolebias. Questo pattern geografico potrebbe essere spiegato con la storia geologica di quest'area che ha visto continui episodi di avanzamento e arretramento del livello del mare e di relativa captazione dei bacini da parte dell'Oceano Atlantico. In base ai dati raccolti fino ad ora la speciazione dei diversi Austrolebias e di G. tiraparae risalirebbe ad un evento molto recente.

Rio Yi (Uruguay). Qui è possibile trovare Gymnogeophagus tiraparae, Gymnogeophagus aff. gymnogenys, G. sp. "Rio Yi" (gruppo rhabdotus). Crenicichla minuano e C. missioneira.
Fotografia di Enrico.

González-Bergonzoni I., Loureiro M., Oviedo S. 2009. A new species of Gymnogeophagus from the río Negro and río Tacuarí basins, Uruguay (Teleostei: Perciformes). Neotropical Ichthyology, 7(1):19-24.


PS: Per chi volesse dare un'occhiata ai pesci dell'area di provenienza di G. tiraparae consiglio di leggere i resoconti dei viaggi di Enrico (li trovate in questo forum nella sezione Varie e possibili e sottosezione Viaggio in Uruguay) e di Marko (li trovate in quest'altro forum).