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giovedì 25 novembre 2010

L'elenco di Come vorrei un museo di Storia Naturale (una mattina all'Evolution Day)


Anton Lamboj all'Evolution Day


Sono stato all'Evolution Day di Milano ed ho assistito a tre conferenze di altissimo livello tenute da David Wilkinson, che si è concentrato sul fatto che la maggior parte della biodiversità non è visibile a noi umani dato che è sotto forma di microorganismi, da Anton Lamboj che ha parlato del ruolo dei Musei di Storia Naturale nel mondo d'oggi e da Franco Andreone che ha spiegato con grande passione le possibili cause del declino a livello globale degli anfibi.
Anton Lamboj è ospite frequente di questo blog e scusandosi che la sua lettura non avrebbe riguardato i ciclidi mi ha assicurato che la revisione degli Hemichromis dovrebbe vedere la luce relativamente a breve e che probabilmente in un paio di anni seguirà quella dei Gymnogeophaus. Se queste non sono notizie interessanti non so cosa lo sia!
Devo però confessare che pur conoscendolo ha anni non l'ho mai visto così infervorato e appassionato come quando parlava del ruolo dei Musei. Ho quindi rielaborato le sue indicazioni e le presento sotto forma di elenco dato che è di moda (ebbene sì, anch'io faccio parte di quei 10 milioni di telespettatori che vedono Vieni via con me). Ovviamente ho integrato la lista con qualche mia aggiunta. Spero perciò che Lamboj mi perdoni se mai capiterà su questa pagina.




Elenco di come vorrei un Museo di Storia Naturale
- vorrei un edificio nuovo o perlomeno restaurato di recente;
- vorrei interni luminosi e ampi dove passeggiare a zonzo di fronte, di lato, attraverso (!) il materiale esposto sorseggiando liberamente una bibita;
- vorrei ascoltare storie e avventure e non semplicemente nozioni;
- vorrei divertirmi e non guardare assorto la guida;
- vorrei immergermi nella natura o in una sua simulazione osservando diorami e, perché no, acquari e terrari da cui spuntano piante, erbe, fiori;
- vorrei toccare, accarezzare, annusare e manipolare i reperti;
- vorrei ascoltare dalla viva voce di chi vi lavora le ricerche in atto;
- vorrei più figure professionali che vi lavorano;
- vorrei un maggiore sostegno economico per mostre sempre più ampie e spettacolari;
- vorrei un Museo di Storia Naturale nazionale;
- vorrei che si respirasse aria di formazione e di educazione al punto che chi ha detto "Di cultura non si vive" si vergognasse almeno un poco.

Wikimedia Commons

lunedì 22 novembre 2010

Carnevale della biodiversità: il bando

Il 15 Dicembre c.a., a conclusione del 2010, anno internazionale della biodiversità, partirà un'iniziativa tra i più prestigiosi blog italiani di Storia Naturale per continuare a sottolineare l'importanza del tema in oggetto, sia all'interno della comunità scientifica sia tra il pubblico.

La prima edizione del Carnevale della Biodiversità avrà come tema:

“INFINITE FORME BELLISSIME”,

tema che i vari Autori svilupperanno con varie sfaccettature in base ai loro personali stili ed interessi. Il blog “L'orologiaio miope” accoglierà questa prima edizione, passando in rassegna gli articoli scritti dagli altri blogger e segnalandone i link.

I blog partecipanti al progetto sono i seguenti:

Biosproject: Earth

Bottiglie di Leida

Continuo proceso de cambio

Erba volant

Gravità zero

Leucophaea

L’orologiaio miope

Mahengechromis Divagazioni di un ciclidofilo

Oryctes Frammenti di natura

Paperfish Fish biology in progress

Scientificando

Theropoda

Il Carnevale della Biodiversità avrà scadenza bimestrale, continuando per tutto il 2011, e sarà ospitato a turno da alcuni dei blog partecipanti. I blogger segnaleranno chiaramente che l'articolo viene scritto nell'ambito di questa iniziativa e linkeranno il blog ospite del bimestre.

Il gruppo coordinatore augura buon lavoro a tutti i blog che hanno aderito al progetto e buona lettura a tutti coloro che vorranno partecipare con noi a questo Carnevale.

Marco Ferrari, Livio Leoni, Lisa Signorile

sabato 13 novembre 2010

Carnevale della biodiversità


È da un po' che penso al fatto che nell'anno della Biodiversità non sia stata programmata una qualche forma di celebrazione dell'evento nella blogosfera. Ho così pensato che un "carnevale" (un carnevale riunisce un congruo numero di blog scientifici che postano articoli sulla materia oggetto del carnevale) sulla falsariga del Carnevale della fisica o della matematica potesse essere adeguato. Nel progetto ho coinvolto un paio di blogger come Tupaia e Marco F ed eccoci alla partenza. Qui trovate il "bando" di partecipazione. Partecipate e fate partecipare.

mercoledì 10 novembre 2010

Abactochromis labrosus. Una pinna per la scienza

Abactochromis labrosus
Fotografia di Robi63

Michael Oliver, uno degli autori della riclassificazione di Abacthochromis labrosus, mi scrive che stanno cercando campioni di A. labrosus per poter avviare uno studio filogenetico sulla specie. Non è necessario sacrificare gli animali, ma basta prelevare un piccolo campione di pinna che va conservato in etanolo al 90%. in freezer. Se qualcuno alleva questa specie e vuole contribuire allo studio mi faccia sapere dato che spesso studi di questo genere vengono effettuati su individui allevati in acquario. L'ideale sarebbe costituito da individui selvatici, ma vista la rarità della specie sul mercato, penso che si possano escludere ibridazioni. Inoltre se conosco i miei "polli", molti dei labrosus presenti sul mercato sono selvatici: solo loro hanno labbra così sviluppate. Quindi fatevi avanti, il laboratorio ci attende.

lunedì 8 novembre 2010

Sette nuove specie di Haplochromis dal Lago Vittoria: coming soon

Le specie sono queste:
- Haplochromis antleter
- Haplochromis bwathondii
- Haplochromis coprologus
- Haplochromis katunzii
- Haplochromis pancitrinus
- Haplochromis sphex
- Haplochromis vanoijeni

A presto.

I had a dream... ma era un incubo


© Dc Comics

Ho avuto un incubo. Ho sognato di vivere in un mondo dove non riconoscevo neppure un animale. Il mondo era il solito (non è questo che dovrebbe incutere terrore, sono purtroppo assuefatto alla nostra realtà), il problema ero io. Ero io, infatti, che non riuscivo a riconoscere più nulla. Guardavo una rana verde, una banalissima rana verde, di quelle che ne trovi a secchi in qualunque stagno, anche in quello più inquinato, ma non riuscivo a capire che era una rana verde. Anzi non capivo neppure che era un organismo vivente. In un altro caso mi mostravano un ragno e dicevo che era un leone. Per uno come me, che ha passato i suoi primi quarant'anni (lasciate perdere le battute, me le hanno fatte già tutte) a osservare animali e piante questo è tra le peggiori pene che si possano vivere. Al risveglio sono corso verso gli acquari e ho passato un po' di tempo a identificare i miei pesci arrivando fino all'ordine. Non si sa mai che abbia iniziato a perdere qualcosa.

Stupiti? È solo un sogno? Impossibile? Purtroppo esistono persone che hanno vissuto gravi episodi di encefalite e che hanno perso la capacità di incasellare la realtà in categorie. Non riconoscono esseri viventi oppure cose. In questo caso fare tassonomia diventa un vero problema. Sento già le obiezioni. "Chissenefrega. Di tassonomia non si vive. Sai che roba. Lasciamo la tassonomia alle nazioni ricche. Sono fregnacce..." Beh, se foste uomini primitivi, probabilmente, riconoscere gli animali e le piante pericolosi sarebbe molto importante per la vostra sopravvivenza. Essere dei bravi tassonomi all'umanità è servito. Ad evitare animali pericolosi e a riconoscere ciò che era commestibile da ciò che non lo era. Se vi interessa leggere una storia "sui generis" della tassonomia, con una vasta aneddotica ed una visione molto personale della disciplina vi consiglio di buttarvi su Naming Nature di Carol Kaesuk Yoon. A riuscirci, nei prossimi giorni scrivo una recensione più seria del volume. Merita. Nel frattempo aspettano di vedere la luce dei post su delle nuove specie che ho finora trascurato, un nuovo post sui nidi dei ciclidi ed uno sui discus. Sì, avete letto bene, Discus. Qualcuno in fondo dice che aspetta ancora il post promesso sui pesci dei fontanili. Ogni limite ha la sua pazienza. Ecco, utilizzatela tutta.



domenica 7 novembre 2010

Update: vite nelle correnti

Teleogramma depressum
Fotografia di RONNIN

Grazie alla disponibilità di un corrispondente francese (grazie!), posso mostrare una foto ed un video di Telogramma depressum di cui ho parlato nel post precedente. Dalle fotografie non si percepisce una notevole differenza tra T. depressum e T. brichardi con cui ho aperto il post. Semplificando posso dire che i depressum meno assottigliati possono somigliare ai brichardi più snelli. Determinazioni esatte però richiedono esami dettagliati che sugli esemplari vivi è difficile effettuare.
Il genere Teleogramma contiene quattro specie (T. brichardi, T. depressum, T. gracile, T. monogramma) che sono molto simili tra loro: corpo allungato e assottigliato, vescica natatoria ridotta, scaglie molto piccole e una sola linea laterale. Il colore del corpo è grigio-nero e le femmine sono di solito più piccole dei maschi e in riproduzione mostrano un ventre rossastro. In natura i Teleogramma frequentano ambienti d'acqua corrente molto veloce ricchi di pietre sotto cui si rifugiano.
Il video, aldilà di qualche difetto tecnico, è interessante perché rende l'idea di come si muovano questi pesci e di come si comporti un reofilo "spinto". A questo punto anche questo genere è stato messo nella mia wish list.





sabato 6 novembre 2010

Vite nelle correnti

Coppia di Teleogramma brichardi
Fotografia di Christophe drône


Perché così tante specie di ciclidi? La risposta sta probabilmente in vari fattori tra cui la filopatria (la tendenza a rimanere nei pressi del luogo di nascita), la stenotopia (la specializzazione verso un ambiente), le modalità riproduttive diversificate, gli adattamenti agli ambienti profondi, l'anatomia specializzata soprattutto a livello dell'apparato digerente e la selezione sessuale. Si formano così continuamente popolazioni isolate che possono diversificarsi tra loro per processi casuali (perdite di geni dovute semplicemente al fatto che la nuova popolazione è costituita da pochi individui che non portano per esempio tutte le varianti di colore) oppure legati allo sviluppo di adattamenti particolari. Non stupisce quindi che il maggior numero di specie ricorra negli ambienti lacustri. L'ambiente lacustre ha un maggior assortimento di habitat e si presta favorevolmente a segregare popolazioni. Si è visto che basta per esempio una lingua di sabbia di poche decine di metri o lo sfociare di un fiume sulla costa per impedire ai ciclidi degli ambienti rocciosi di diffondersi. Anche i fiumi però riservano sorprese. Il corso inferiore del fiume Congo accoglie una vera e propria radiazione costituita dai generi Teleogramma, Steatocranus e Lamprologus. Uno studio recente ha investigato la diversità genetica e morfologica di un paio di specie, Teleogramma depressum e Lamprologus tigripictilis, arrivando alla conclusione che anche nei fiumi si possono trovare popolazioni di una stessa specie parzialmente isolate.

Il basso corso del Congo con i siti di raccolta delle specie studiate.
BMC Evolutionary Biology 2010, 10:149


In questo caso a produrre l'isolamento sono probabilmente le numerose rapide presenti nel fiume, ma l'aspetto interessante è che le due specie non rispondono nello stesso modo. D'altronde le specie del genere Teleogramma sembrano delle piccole salsicce, abitano gli anfratti delle zone a maggiore corrente e hanno quasi perso la capacità di nuotare (la vescica natatoria è praticamente assente); Lamprologus tigripictilis invece è una specie meno specializzata che vive in una discreta varietà di ambienti e che appare poco territoriale per la media dei ciclidi della zona.
Altri pesci delle rapide se ne fanno un baffo e le scalano. Sono i Characidium dell'America meridionale e non sono ciclidi. Chissà cosa isola le popolazioni in questo caso.





venerdì 5 novembre 2010

Sprichst du Deutsch?


Nell'era del web 2.0 trovare video con riprese in natura ormai non è difficile. A questo proposito un sito che vale la pena frequentare è aquanet che riporta una sezione dedicata alle spedizioni nei paesi d'origine dei pesci d'acquario. Da parte mia non posso che consigliarvi la spedizione di Anton Lamboj in Camerun con guest star Pelvicachromis pulcher, ma se avete tempo potete spulciare qua e là e godere per esempio dei biotopi acquatici di Panama. L'unico problema è che le riprese sono commentate in tedesco. Io, da italiano medio, mi limito a guardare le figure.

giovedì 4 novembre 2010

Come diventare uno scienziato influente

Wikimedia Commons

L'universo è fatto di storie, non di atomi. È questa la mia personale chiave di lettura per interpretare uno studio che cerca di scrutare la vita sociale degli scienziati, in particolare quella degli ecologi più citati nelle riviste di settore. La caratteristica che sembra accomunare l'elite è la smisurata quantità di alcool (birra) che ingurgita. Non stupisce che in genere gli scienziati più influenti siano maschi nordamericani e che la media di birre bevute alla settimana negli USA sia di circa 6; stupisce che gli ecologi più influenti partano da un minimo di 7 birre a settimana per arrivare a 10.
Ho sbagliato nella vita. Io preferisco il vino, rosso. Dovevano dirlo all'Università che scelte di questo tipo precludono la carriera e visto che siamo in periodo di riforme spero che qualcuno tenga conto delle tendenze in atto per rimodellare i curricula.


martedì 2 novembre 2010

Abactochromis, un nuovo genere per il labrosus

Abactochromis labrosus
Fotografia di Maurizio Belzani


Mbuna è il termine in lingua locale con cui si identificano i coloratissimi ciclidi che popolano le coste rocciose del lago Malawi caratterizzati dalla dieta prevalentemente erbivora. Tale termine ha avuto ampia fortuna, conquistando acquariofili e tassonomi dal 1959, anno in cui venne utilizzato da Fryer in un articolo scientifico per la prima volta. Gli mbuna sono identificati dalle seguenti caratteristiche:
- scaglie di piccole dimensioni sul ventre;
- ovari di taglia asimmetrica;
- banda submarginale nera nella pinna dorsale;
- policromatismo (fenomeno per cui esistono diverse forme di colorazione in una stessa popolazione a base genetica);
- piccolo numero di veri ocelli nella pinna anale.
Per ognuna di queste caratteristiche è possibile trovare eccezioni all'interno degli mbuna come è anche possibile trovare esempi al di fuori degli mbuna. Per esempio gli ovari asimmetrici si ritrovano anche in un paio di generi del lago Malawi come Ramphochromis e Diplotaxodon che mbuna non sono. La banda submarginale nera è presente anche in alcune specie del genere Lethrinops e Otopharynx.. Il policromatismo (tra cui le famose forme OB di cui si è parlato l'anno scorso) è assente in tre generi di mbuna dall'elevato numero di specie come Labidochromis, Petrotilapia e Melanochromis. A demolire ulteriormente il concetto di mbuna negli ultimi anni si sta facendo strada l'idea che questo gruppo non derivi da un unico progenitore. Per un tassonomo moderno è uno tra i peccati più gravi di cui si può macchiare un gruppo. Le poche analisi molecolari effettuate hanno interessato un ristretto numero di specie e sembrano affermare che gli mbuna non sono monofiletici. È giunto quindi il momento di abbandonare il concetto di mbuna? Fare previsioni è molto difficile, soprattutto se riguardano il futuro, ma scommetterei che sarà sempre possibile ripescare in extremis il concetto di mbuna considerandoli unicamente dal punto di vista ecologico: piccoli ciclidi delle coste rocciose prevalentemente erbivori. Tralasciamo che alcuni non sono erbivori come i Labidochromis che si cibano di larve di insetti o i Genyochromis che addirittura si nutrono di scaglie e pinne.

Abactochromis labrosus
Fotografia di Robi63

All'interno di questo gruppo così difficile da caratterizzare, una specie davvero particolare e per cui si sentiva la necessità di uno spostamento di genere è Melanochromis labrosus. In questo ciclide, infatti, manca il tipico pattern di colorazione dei Melanochromis costituito da strisce orizzontali ed il tipico comportamento di difesa di un territorio fisso.Tuttavia le caratteristiche per cui questa specie spicca sono le labbra ed il cranio particolarmente sviluppati. Labbra ipertrofiche non sono rare tra ciclidi dato che sono presenti anche in altre specie di non-mbuna del lago Malawi come Otopharynx pachycheilus e Cheilochromis euchilus oppure in ciclidi del lago Tanganica come Lobochilotes labiatus. Un articolo recente cerca di capire se M. labrosus sia uno mbuna ed erige un nuovo genere per la specie.
Il nuovo genere porta il nome di Abactochromis che significa cromide (un termine frequentemente utilizzato nella sistematica dei ciclidi) espulso. Le caratteristiche del nuovo genere sono:
- endopterigoide e metapterigoide uniti;
- peduncolo dell'osso premascellare più lungo del 35% della lunghezza della testa;
- lunghezza della testa pari al 40% della lunghezza del corpo;
- labbra ipertrofiche.

Se trovate strano il fatto che delle labbra ipertrofiche possano servire per erigere un genere vi invito a guardare alla tribù di ciclidi del lago Tanganica (Cyphotilapinii) proposta pochi anni orsono sulla base della presenza di una gobba adiposa nucale. So che ve lo state chiedendo. Cosa se ne fa un ciclide di labbra così ingombranti? In passato si era ipotizzato che servissero per potenziare l'azione di suzione dei crostacei e dei piccoli ciclidi di cui si nutre la specie, ma gli autori della descrizione ritengono che siano troppo delicate per adempiere ad un compito di questo genere. L'analisi anatomica svela un'elevata presenza di papille sensoriali nelle labbra che quindi potrebbero servire a rilevare le prede nascoste nelle fessure scure delle rocce dove si nascondono. L'articolo si chiede anche se A. labrosus è uno mbuna? Gli autori ritengono di sì, anche se specificano che si tratta di un rappresentante atipico.
Io ho un unico dubbio. Perché non hanno confrontato A. labrosus con altri non mbuna? Magari si trovavano delle caratteristiche comuni che avrebbero spinto a raffinare l'analisi. Sarà per la prossima volta.



Abactochromis labrosus
Fotografia di Fabio Callegari.

Oliver, M.K., & M.E. Arnegard 2010. A new genus for Melanochromis labrosus, a problematic Lake Malawi cichlid with hypertrophied lips (Teleostei: Cichlidae). Ichthyol. Explor. Freshwaters, Vol. 21, No. 3, pp. 209-232.