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domenica 22 novembre 2009

Di revisioni tassonomiche...

Julidochromis transcriptus "Gombe".
Fotografia di Miguel Mora

Nel post precedente parlavo della poliandria nel genere Julidochromis e dei miei dubbi a riguardo dell'ultimo lavoro pubblicato sul tema e della mail che avevo spedito ad alcuni autori dell'articolo. Ebbene alla mia mail hanno risposto ben due autori.
Il primo a scrivermi è stato Dik Heg dell'Università Berna. Mi ha spiegato che generalmente negli esperimenti messi in atto dal suo gruppo di lavoro cercano di utilizzare animali catturati in natura, anche se a volte vi sono vere e proprie sorprese come nel caso dei Neolamprologus pulcher di Gombe che potrebbero essere degli ibridi data la strana livrea scura che questa popolazione mostra. Il Dottor Heg ha inoltre ricordato che è tuttora molto difficile applicare il concetto biologico di specie ai ciclidi, animali a rapida evoluzione e probabilmente interessati da trasferimenti di geni (ibridazione occasionale o mediati da virus). Nel caso dei Julidochromis tuttavia l'utilizzo di individui provenienti da negozi non dovrebbe influire più di tanto sui risultati dato che tutte le specie del genere hanno un comportamento riproduttivo molto simile.
La seconda mail è del Dottor Satoshi Awata dell'Università di Osaka. In essa mi ha parlato dei 10 anni impiegati per studiare in natura ed in laboratorio i ciclidi del genere Julidochromis lungo le coste dello Zambia (Chituta, Katoto, Gombe, Kapemba, Sumbu, Katete...) e di come abbia constatato che tutte le specie abbiano comportamenti riproduttivi molto simili. A suo parere quindi lo studio pubblicato non deve essere inteso come specie-specifico, ma può essere valido per più specie. Il Dottor Awata mi ha comunque confermato che gli esemplari studiati erano tutti J. transcriptus e che anche la popolazione di Gombe può essere considerata appartenere a questa specie. Avevo citato questa popolazione perché Ad Konings nel suo ultimo libro sui ciclidi del Tanganica aveva ipotizzato che potesse appartenere alla specie marlieri, mentre altri autori, Patrick Tawil per esempio, ipotizzano che possa trattarsi di una specie non ancora descritta. La vera ciliegina finale comunque è che il Dottor Awata sta procedendo insieme ad un collega ad una revisione tassonomica del genere che sembra essere già in fase avanzata (se non ho capito male è in fase di valutazione) e poggiare sull'analisi di oltre 600 esemplari.
Ringrazio il Dottor Heg ed il Dottor Awata per aver contribuito a fare chiarezza sull'argomento e per aver dato qualche anticipazione importante. In realtà avevo un'altra domanda che devo confessare di non avere avuto il coraggio di porre. La voglio anticipare per dare uno spunto personale di riflessione. I ciclidi sono decisamente animali sociali, in particolare i ciclidi a comportamente cooperativo, ma non solo, e negli esperimenti di laboratorio mi pare che spesso quest'aspetto sia sottovalutato dato che si guarda unicamente a gruppi molto ristretti (2-3 individui). I test che si riscontrano nella letteratura ciclidofila sono quindi di qualche utilità per la comprensione della vita di questi pesci oppure sono da considerare come situazioni limite?


Miguel Mora mi ha spedito un video dei suoi Julidochromis transcriptus "Gombe". Grazie!

domenica 15 novembre 2009

Living on the edge. No, living on the wedge. Storie di ordinari conflitti tra sessi.

Julidochromis transcriptus "Gombe".
Fotografia di Miguel Mora

La poliandria (la situazione in cui una femmina si accoppia con vari maschi) cooperativa (i maschi collaborano tra loro nella cura della prole) è un fenomeno raro che si ritrova unicamente tra alcuni uccelli e qualche pesce. Dal punto di vista teorico è stato ipotizzato che i maschi dominanti monopolizzino la riproduzione a danno dei subordinati e che tra i primi ed i secondi si instauri una sorta di tiro alla fune per il controllo della paternità della prole stessa. Tra i due litiganti il terzo gode; nel suddetto caso si tratta della femmina che cerca di contrastare il monopolio dei dominanti. L'eccezionalità della situazione sta nel fatto che, nei pesci i cui maschi praticano le cure parentali, generalmente le femmine evitano la paternità multipla. In questo modo la femmina lega il partner alla cura della prole che sarebbe abbandonata nel caso di eventuali "tradimenti" e cerca di evitare fenomeni di cannibalismo.
La poliandria cooperativa è diffusa tra alcuni ciclidi del Lago Tanganica: Chalinochromis brichardi e le specie del genere Julidochromis. Studi recenti condotti in natura hanno chiarito che nei Julidochromis una femmina che si accoppia con due o più maschi sembra avere un successo riproduttivo superiore ad una femmina monogama. La situazione tipo coinvolge una femmina che sceglie come sito riproduttivo una fessura in una roccia che tende a restringersi sempre più (una fessura a forma di cuneo cioé, si tratta del "wedge" del titolo). Le conseguenze di questa scelta sono inaspettate. I maschi grandi e dominanti non riescono a penetrare fino in fondo al sito riproduttivo e sono in grado di fecondare solo le uova deposte dove lo spazio è più ampio. In natura i maschi dominanti, infatti, sono di dimensioni maggiori rispetto alle femmine che a loro volta sono più grandi dei maschi subordinati. Questi ultimi sono maschi giovani che non hanno ancora raggiunto la taglia adulta e che praticano le cure parentali di maggiore intensità. Ovviamente i maschi subordinati fecondano le uova deposte nella profondità del nido dove non subiscono le coercizioni dei maschi dominanti.
Per testare l'ipotesi che a controllare la riproduzione sia la femmina sono stati eseguiti alcuni esperimenti in acquario utilizzando la specie Julidochromis transcriptus. Nel primo gruppo sperimentale si testava se a preferire come sito di deposizione le fessure "a cuneo" fossero le coppie o i trii (una femmina accompagnata da un maschio grande ed uno piccolo). Nel secondo gruppo sperimentale, invece, si paragonava il comportamento delle femmine di un trio rispetto alle femmine accoppiate con maschi dominanti o subordinati.
I risultati hanno mostrato che le femmine delle coppie non hanno mostrato particolare preferenza verso i nidi a cuneo, preferenza che invece si manifestava nelle femmine che erano parte di un trio. È stato evidenziato anche che i nidi a cuneo permettono alle femmine di suddividere la paternità tra più maschi in modo da ridurre il personale contributo alla cura della prole.
Lo studio apre alcuni scenari interessanti. Primo: esiste un chiaro conflitto tra i sessi: i maschi dominanti vedono ridurre il proprio contributo alla generazione successiva, mentre le femmine guadagnano dall'aggregazione di maschi subordinati. In secondo luogo non è chiaro perché le femmine non scelgano unicamente maschi piccoli. Probabilmente i maschi grandi sono in grado di allontanare i predatori con maggiore efficacia rispetto ai subordinati, ma l'ipotesi andrebbe testata. In terzo luogo è ora possibile effettuare delle previsioni. Se in un territorio le femmine sono piccole, i maschi grandi sono in grado di imporsi e vi saranno unicamente coppie monogame (aggiungo io: harem?, ma è una situazione che per i Julidochromis non mi sembra mai essere stata rilevata in natura). Se sono presenti fessure a cuneo, allora le femmine sono in grado di attrarre anche i maschi giovani che altrimenti sarebbero esclusi dalla riproduzione e si formerà un trio riproduttivo. Se le femmine sono grandi, invece, esse domineranno i maschi e in questo caso si potrebbe variare dalla monogamia fino alla poliandria classica: una femmina che controlla un territorio in cui ogni maschio possiede un sito riproduttivo.


Questa però è solo la prima parte della storia perché nell'articolo in questione c'è un particolare che mi ha disturbato assai: l'origine dei Julidochromis transcriptus. Per l'esperimento sono stati utilizzati figli (la prima generazione) di esemplari acquistati nei negozi di acquariofilia. Quando ho letto questa informazione un brivido mi ha percorso. Da ciclidofilo di lunga data so che riguardo ai Julidochromis in commercio non c'è molto da stare allegri. Generalmente non se ne conosce la popolazione di provenienza. Spesso sono frutto di incroci che nei migliori dei casi sono avvenuti tra popolazioni diverse e nei peggiori tra specie diverse o in qualche incredibile episodio anche tra generi diversi. Inoltre la situazione tassonomica del genere non mi sembra tranquilla. Ho cercato di tacitare il tarlo che mi rodeva, ma dopo un paio di giorni ho scritto ad uno degli autori dello studio. Ecco la mail:

I red your latest paper about Julidochromis (Living on the wedge: female control of paternity in a cooperatively polyandrous cichlid) and I would like to present your work in my blog. It’s a very interesting paper and I have some questions about it. Why have you chosen to keep Julidochromis transcriptus purchased from pet stores? In the past hobbyists have mixed Julidochromis of different populations and there’s a lot of uncertainty about the taxonomic status of some populations (i.e. Julidochromis transcriptus “Gombe” is possibly a form of Julidochromis marlieri and not of J. transcriptus). Moreover it’s possible that domestication has introduced some modifications on their behaviour. Would it either be possible that the behaviour of the fish you have studied is not the behaviour of the fish in the wild, or that it is the result of a “hybrid” behaviour of different populations or species? Is my doubt of any importance?

(Ecco la traduzione:
Ho letto l'ultimo articolo da voi pubblicato riguardante i Julidochromis e vorrei presentare il vostro lavoro nel mio blog. Si tratta di un articolo molto interessante e perciò ho alcune domande da porre. Per quale motivo avete scelto di utilizzare Julidochromis transcriptus acquistati nei negozi di acquariofilia? In passato gli acquariofili hanno mescolato Julidochromis di differenti popolazioni e c'è molta incertezza inoltre sullo stato tassonomico di alcune popolazioni (per esempio Julidochromis transcriptus “Gombe” è probabilmente una forma of Julidochromis marlieri e non di J. transcriptus). Inoltre è possibile che il comportamento dei pesci da voi studiati non sia il comportamento dei pesci in natura o che sia il risultato di un comportamento "ibrido" derivante da differenti popolazioni o specie? Il mio dubbio è di qualche importanza?)


Il seguito nel prossimo post! Un po' di suspense fa sempre bene, inoltre la risposta alla mia mail apre eccitanti risvolti futuri.


Kohda M., Heg D., Makino Y., Takeyama T., Shibata J., Watanabe K., Munehara H., Hori M., Awata S. 2009. Living on the wedge: female control of paternity in a cooperatively polyandrous cichlid. Proc. R. Soc. B. 276: 4207-4214.

martedì 10 novembre 2009

L'an Cichlidé


Mai un numero di L'an Cichlidé ha rispecchiato così tanto la mia personale realtà ciclidofila del momento. L'an Cichlidé è una pubblicazione edita dall'AFC (Associazione Francese Ciclidi) annualmente arrivata alla nona uscita che da quando Cichlids Yearbook ha cessato di essere pubblicato è rimasta l'unica del genere a persistere: ogni anno si presenta la moda ciclidofila del momento. Da pubblicazione amatoriale qual è, L'an Cichlidé ha mostrato negli anni alcune pecche, molto rare in realtà, come la scarsa qualità delle immagini o alcune ingenuità grafiche nell'impaginazione, piccoli difetti che tuttavia non intaccano assolutamente il valore della serie. Il numero di quest'anno è di livello particolarmente elevato, forse il migliore mai realizzato. Al seguente link trovate l'indice di questo numero, ma vorrei segnalare alcuni articoli.
Prima di tutto l'articolo iniziale a firma di Wolfgang Staeck sul genere Heros, dove sono presentate tutte le specie. Un articolo di Fabien Naneix (avevo presentato le sue fotografie in questo post) presenta Biotoecus aff. opercularis (un sud americano che per le parvenze "tanganichesche" mi è sempre piaciuto). Un altro articolo su Uaru fernandezyepezi parla dell'allevamento e della riproduzione di questa specie che ho recentemente fotografato e presentato qualche post fa. Recentemente ho rivisto gli esemplari a Le Onde e devo dire che mi sembrano in buona forma. Mi sono ripromesso di fotografarli perché non avevo mai osservati individui che non fossero spaventati o appena arrivati. Un articolo di Uwe Werner presenta Nanochromis transvestitus. Ricordo molto bene quando anni fa andammo a visitare Werner e osservai nella sua fish room una vasca di questa specie con una coppia intenta nei giochi amorosi . Ricordo molto bene come Werner la stesse fotografando. Magari le fotografie dell'articolo sono quelle che ha scattato quella mattina. Mi piace pensare che sia così. A firma di Anton Lamboj invece è l'articolo su Enigmatochromis lucanusi, ne avevo parlato anch'io in questo post. Gli articoli che mi hanno interessato di più sono quelli su Xenotilapia sima (di Thomas Andersen) e su Copadichromis sp. "Firecrest mloto". All'interno del primo articolo mi ha colpito molto la fotografia di X. longispinis e dato che Thomas Andersen mi propone da tempo qualche scambio di pesci è possibile che alla fine ceda per avere un altro pesce quasi grigio.
Ciò che rende peculiare L'an Cichlidé, e in parte simile a questo blog, è l'articolo finale a firma di Martin Geerts che ogni anno presenta un aspetto scientifico della ciclidofilia. Conosco bene gli articoli di Geerts perché per anni ho ricevuto il bollettino dell'Associazione ciclidofila olandese dove tiene una rubrica sullo stesso tema. La mia conoscenza dell'olandese è scarsa, ma ogni volta tentavo di tradurre la rubrica perché il tema mi pareva ben sviluppato. Quest'anno si parla di ciclidi e cromosomi. Geerts evidenzia alcune tendenze evolutive che sono state evidenziate nei ciclidi come la riduzione del numero di cromosomi in alcuni ciclidi neotropicali (Geophagini e Cichlasomatini) o viceversa l'aumento del loro numero nei discus. La conclusione a cui Geerts arriva è che lo studio dei cromosomi dei ciclidi non sembra avere grande utilità tassonomica. Concordo, la tassonomia vive soprattutto di altro. Sappiate comunque che lo stato primitivo del numero cromosomico dei ciclidi è 2n=48. Amen.

lunedì 2 novembre 2009

Aggiornamento: Xenotilapia ...

Reduce da una devastante influenza (forma sconosciuta) inizio a riprendermi solo ora. Qualcuno mi ha telefonato chiedendo che Xenotilapia era quella dell'indovinello. Visto che è passato del tempo posso mettere il nome. Si tratta di Xenotilapia c.....a. (andate a leggerlo sotto l'immagine del post in questione, ecco il link per i più pigri). Appena mi riprendo del tutto dovrei pubblicare un paio di post ormai pronti. Uno tratta di una recensione ciclidofila, un altro invece di una delusione scientifica.