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venerdì 24 giugno 2011

Italia, terra di allenatori e acquariofili


"L'Italia è una terra di allenatori della Nazionale e di acquariofili"
Un conservatore del Museo


L'acquario in Museo, quello della serie Divertimenti, sta procedendo a gonfie vele e sembra essersi stabilizzato: i mesi di funzionamento senza pesci hanno dato il loro frutto. I pesci prosperano, è vero c'è stato qualche decesso, e le piante crescono. Tutti sono talmente soddisfatti che prossimamente la vasca verrà dotata di un refrigeratore. WOW! Allora sì che l'ambiente di fontanile sarà alla portata.
L'aspetto più curioso di tutta la faccenda è la genesi dell'allestimento. La vasca, infatti, era già in funzione da circa un anno, anno tuttavia che si è rivelato privo di soddisfazioni e che ha imposto un riallestimento da zero che mi ha visto chiamato in causa. È nella fase di ripensamento della vasca che i conservatori del Museo hanno maturato l'idea che il mondo pullulasse di acquariofili, provetti o meno. Per alcuni era tutta colpa della luce, per altri era del fondo, altri ancora pensavano fosse il cibo e così via. I consigli si sono sprecati: "fate così", "mettete questo", "abbassate quello" o "Non funziona, allora alzatelo". La cosa non stupisce; ogni anno in Italia vengono venduti migliaia di acquari che entro un paio d'anni verranno portati in discarica. A determinarne la fine prematura sono la scarsa conoscenza e comprensione della biologia di pesci e piante che impedirebbero il compiersi di vere e proprie catastrofi, una visione puramente estetica dell'acquariofilia, una certa riluttanza a ripassare quei due o tre concetti di chimica che possono fare comodo e nell'era WEB 2.0 a informarsi quasi esclusivamente su internet.
Ora l'acquario è vitale e aggiungo bello. Attira visitatori che vi sostano anche a lungo ungendo con le dita il vetro frontale come fosse una reliquia. Personalmente mi sono tolto lo sfizio di allevare pesci nostrani come il vairone e la sanguinerola e di tappezzare il fondo di foglie di quercia, azione che per pigrizia da anni non osavo compiere. L'apparato vegetale è ancora in definizione, ma con l'arrivo del refrigeratore potremo osare.

Un giovanissimo ghiozzo padano.

Per chi volesse visionarlo, l'acquario è situato nel Museo Civico di Scienze Naturali "Enrico Caffi" di Bergamo. Magari ci incrociamo davanti alla vasca.

mercoledì 22 giugno 2011

La notte delle rane


Anche quest'anno, tempo permettendo, presento all'Oasi Naturalistica del Parco del Roccolo la Notte delle Rane, una serata dedicata a raganelle e rane che prevede una breve introduzione alla biologia degli anfibi e una escursione guidata. È necessaria la prenotazione ed è richiesto un piccolo contributo. Se siete da queste parti vi aspetto. Ulteriori informazioni sulla locandina.

martedì 21 giugno 2011

Un secchio ne bastò


Una perca del Nilo (Lates niloticus)
Smudger, Wikimedia Commons

È l'alba. Un uomo sulla spiaggia ha un secchio in mano zeppo di piccoli pesci e sembra perplesso. Non sono pesci nostrani, vengono da lontano e sono giovani. Cresceranno sicuramente, le acque del lago sono calde, accoglienti e ricche di vita. L'uomo indugia ancora un attimo, ma ha ormai deciso, il turismo e la pesca ne trarranno giovamento. Con un colpo secco rovescia in acqua i pesci che si allontanano con tranquillità.
Siamo tra gli anni '50 e '60 in Africa sulle sponde del lago Vittoria, il più grande lago tropicale al mondo. Potrebbe davvero essere andata così, ma ormai non importano più ne il motivo ne il modo dell'introduzione di Lates niloticus, la perca del Nilo, nel lago. La perca è un predatore di grandi dimensioni (200 cm per 200 kg) che oggi rientra tra le 100 specie invasive più dannose al mondo, ma che allora non aveva mostrato ancora tutto il suo potenziale. Per incontrare nuovamente le perche bisogna aspettare quasi trent'anni, quando il pescato inizia a registrare una crescita impetuosa della specie a discapito dei piccoli ciclidi. Negli anni '90 il lago Vittoria balza al primo posto tra i laghi più produttivi al mondo. Sembra che tutti abbiano da festeggiare. I pescatori locali che si procurano finalmente un salario decente o quasi e proteine a sufficienza, al punto da soprannominare la perca "il salvatore", le imprese che prosperano attirando capitali stranieri, i politici che possono per una volta dichiarare di lavorare a vantaggio del popolo e infine i mercati europeo nordamericano che si accaparrano cibo fresco di buona qualità a prezzi irrisori (lo troviamo tuttoggi al supermercato con il nome di pesce persico). Poco importa che i ciclidi del gruppo degli Haplochromini siano sempre meno. A scomparire è il 75% delle specie, siamo sull'ordine di qualche centinaio. I più vulnerabili sono i ciclidi d'acqua libera, la zona di caccia preferita dall'invasore. La minoranza può pagare per tutti.

Paralabidochromis sauvagei, una delle tante specie in pericolo del lago Vittoria.
Foto di Michael Negrini


Gli anni passano e le cose non funzionano più: anche il pescato di perche sta crollando. Le reti hanno maglie troppo sottili e la pressione di pesca si sta rivelando eccessiva. Il prezzo della perca sale e i locali non sono più in grado di acquistarla. L'unica concessione sono gli scarti di lavorazione, teste e code. I villaggi sulla costa, cresciuti sull'onda di un benessere sfiorato più che vissuto, si sono popolati di prostitute a basso prezzo, di orfani e bambini abbandonati che crescono per strada sniffando e fumando quel che trovano e di malati di AIDS. Non mancano neppure le armi che secondo alcuni trovano spazio negli enormi aerei cargo russi che dovrebbero arrivare vuoti e che ripartono carichi di filetto di pesce persico. La scienza non ci mette molto a decretare che l'ecosistema lacustre è sconvolto. Alcuni invertebrati, come mosche e gamberi, vedono accrescere le proprie popolazioni a dismisura e costituiscono la preda principale delle perche. Il fitoplancton incorre periodicamente in spaventose fioriture che alimentano l'eutrofizzazione in un circolo vizioso. La catena alimentare si semplifica e sembra perdere stabilità. Ma è tutta colpa della perca? Probabilmente il Lates ha dato l'ultimo colpo ai ciclidi che erano già stressati da pesca eccessiva, inquinamento e degrado delle acque. Inoltre l'acqua è sempre più torbida contribuendo al declino della biodiversità. Da buoni ciclidi, infatti, gli Haplochromini riconoscono il partner dai colori della livrea e le acque torbide confondono le femmine spingendole a concedersi a maschi di altre specie. Siamo allo spreco dei gameti, alla produzione di ibridi improbabili, all'erosione del patrimonio genetico che viene disperso in rivoli degni di Frankestein.
È la fine di tutto oppure domani sarà davvero un altro giorno? Forse la speranza di rivedere i ciclidi nuotare copiosi nel lago Vittoria non è morta: la fine del millennio vede le reti riempirsi nuovamente di furu (il nome locale utilizzato per indicare i ciclidi). Le specie sopravvissute sono poche, la maggioranza è costituita da illustri sconosciuti. Nuove sono, infatti, le forme, i colori, le dentizioni. I geni tuttavia sono identici al passato. Le aree fangose e torbide invece di essere di essere la tomba della specie sembrano promuovere nuove forme che vengono messe alla prova nella colonizzazione degli ambienti d'acqua aperta del lago, la vera prova del nove. Siamo alle soglie di una nuova radiazione dei ciclidi che tuttavia per prendere piede avrebbe bisogno di misure inedite di salvaguardia del lago (lotta all'inquinamento e all'erosione delle coste dovuta al disboscamento e soprattutto di politiche demografiche innovative che allentino la pressione umana sulle comunità biologiche del lago) e di un'intensa pesca della perca. Anni fa mi sentivo di consigliare di lasciar perdere il persico che si trova sui banchi del supermercato. Forse, ma è un grosso forse, oggi comprandolo diamo una nuova possibilità ai ciclidi, ma il prezzo è alto.


Questo post partecipa al Quarto Carnevale della biodiversità ospitato da Erba Volant che ha per tema Alieni tra noi. Vi invito a leggere l'introduzione del titolare del blog, Renato Bruni, dove troverete tutti i post aderenti all'iniziativa.
Fino all'ultimo sono stato indeciso se far parte del gruppo e per settimane mi sono mosso tra "Tilapia senza confini" o "Mascelle aliene" (la tentazione di continuare la serie di post sulle mascelle scorre sempre forte nelle mie vene). All'ultimo momento mi sono accorto che non avevo mai parlato della storia della perca nonostante i ciclidi del lago Vittoria fossero sporadicamente comparsi qua e là nel blog. Saltare questa puntata del Carnevale trascurando la possibilità di parlare dell'estinzione di questi ciclidi mi è sembrata azione vergognosa anche se la storia dell'invasione del lago Vittoria da parte della perca del Nilo è presente in molti libri di testo di biologia delle superiori. Per chi volesse approfondire l'argomento non posso che consigliare la lettura dei libri da cui ho tratto la maggior parte delle informazioni riportate sopra. Prima di tutto "Maestri dell'Evoluzione" di George Barlow, un libro sulla storia naturale dei ciclidi fuori catalogo alla cui traduzione e revisione ho partecipato in prima persona. Probabilmente lo potete trovare nella versione Inglese. A metà strada tra autobiografia e saggio scientifico è "Lo strano caso del Lago Vittoria" di Tijs Goldschmidt, un libro che va ben al di là del lago Vittoria e dei suoi pesci. Del ritorno dei ciclidi nel lago ne avevo parlato in questo post, circa un anno fa, ma vale ugualmente la pena citare l'intervista a Ole Seehausen pubblicata su Nature che è liberamente scaricabile a questo link. Le informazioni sulle comunità locali sono tratte da "L'Incubo di Darwin", un documentario che si occupa dell'impatto della perca del Nilo sull'economia della Tanzania. Comprate il DVD, non scaricatelo! L'ho propinato per anni agli studenti parlando della globalizzazione invece di parlare del mercato delle rose coltivate in Etiopia o dell'abbigliamento prodotto in Cina. Colpisce dritto allo stomaco. Un assaggio lo trovate sul tubo.