Attenzione, questa è una divagazione bella e buona; non vi sono ciclidi; non vi sono tassonomia o ipotesi filogenetiche (meno male dirà qualcuno), non vi sono rane, fontanili, anfibi o strani crostacei capovolti. Quindi, astenersi perditempo.
Sono in vacanza ancora per qualche ora e sono in cerca di quello svago che solo la lettura può dare. Nell'ultimo periodo mi sono sorpreso ad evitare i saggi scientifici - starò invecchiando? - e sono capitato su un volumetto (108 pagine) con in copertina un pesce rosso. Acqua in bocca recita il titolo e gli autori sono Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli. La trama è semplice: qualche morto, due commissari (Salvo Montalbano e Grazia Negro), due pesci rossi, un pesce combattente, una donna cattiva, molto cattiva, dei pesci farfalla, qualche acquario, dell'ottima cucina. Il fatto che la trama nasca dal rapporto epistolare tra i due autori che si rimpallano la vicenda è un piacevole contorno, ma al lettore non cambia di una virgola la lettura. Cosa potrei volere di più per una serata senza pretese a parte qualche decina di pagine in più?
Perché un acquariofilo dovrebbe leggere questo libro. Dove lo trovate un giallo o noir, che dir si voglia, in cui l'assassino lascia sulla scena del delitto un pesce combattente, meglio se nella gola della vittima?
Perché un acquariofilo non dovrebbe leggere questo libro. Perché è corto? Perché si ha la sensazione che sia solo uno scherzo tra scrittori? Perché dei gialli non ve ne frega niente? Perché, un acquariofilo legge?
Perché l'ho messo nel blog? Avete per caso saltato la prima parte del post? Tornate sopra e non distraetevi. Se tuttavia insistete nel cercare la verità, sappiate che sono un ragazzo semplice, che si accontenta di poco e che bastano qualche pesce e qualche vasca per commuovermi. Ma qui c'è di più; nella nota dell'editore si paragona il modo di procedere degli autori con quello di una partita a scacchi, ma non non di una partita qualunque dove due schiappe si sfidano a chi cappella di più pensando di avere trovate mosse artistiche, ma con quello della Botvinnik - Fisher giocata alle Olimpiadi di Varna del 1962. Una partita che ha visto versare tonnellate di inchiostro e di pixel di analisi e decine di giocatori di classe mondiale accapigliarsi per decretare come un arrogante diciannovenne americano avrebbe potuto vincere contro l'incarnazione della scuola scacchistica russa se non si fosse lasciato vincere dal nervosismo. Chapeau.
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