Abactochromis labrosus
Fotografia di Maurizio Belzani
Mbuna è il termine in lingua locale con cui si identificano i coloratissimi ciclidi che popolano le coste rocciose del lago Malawi caratterizzati dalla dieta prevalentemente erbivora. Tale termine ha avuto ampia fortuna, conquistando acquariofili e tassonomi dal 1959, anno in cui venne utilizzato da Fryer in un articolo scientifico per la prima volta. Gli mbuna sono identificati dalle seguenti caratteristiche:
- scaglie di piccole dimensioni sul ventre;
- ovari di taglia asimmetrica;
- banda submarginale nera nella pinna dorsale;
- policromatismo (fenomeno per cui esistono diverse forme di colorazione in una stessa popolazione a base genetica);
- piccolo numero di veri ocelli nella pinna anale.
Per ognuna di queste caratteristiche è possibile trovare eccezioni all'interno degli mbuna come è anche possibile trovare esempi al di fuori degli mbuna. Per esempio gli ovari asimmetrici si ritrovano anche in un paio di generi del lago Malawi come Ramphochromis e Diplotaxodon che mbuna non sono. La banda submarginale nera è presente anche in alcune specie del genere Lethrinops e Otopharynx.. Il policromatismo (tra cui le famose forme OB di cui si è parlato l'anno scorso) è assente in tre generi di mbuna dall'elevato numero di specie come Labidochromis, Petrotilapia e Melanochromis. A demolire ulteriormente il concetto di mbuna negli ultimi anni si sta facendo strada l'idea che questo gruppo non derivi da un unico progenitore. Per un tassonomo moderno è uno tra i peccati più gravi di cui si può macchiare un gruppo. Le poche analisi molecolari effettuate hanno interessato un ristretto numero di specie e sembrano affermare che gli mbuna non sono monofiletici. È giunto quindi il momento di abbandonare il concetto di mbuna? Fare previsioni è molto difficile, soprattutto se riguardano il futuro, ma scommetterei che sarà sempre possibile ripescare in extremis il concetto di mbuna considerandoli unicamente dal punto di vista ecologico: piccoli ciclidi delle coste rocciose prevalentemente erbivori. Tralasciamo che alcuni non sono erbivori come i Labidochromis che si cibano di larve di insetti o i Genyochromis che addirittura si nutrono di scaglie e pinne.
Abactochromis labrosus
Fotografia di Robi63
All'interno di questo gruppo così difficile da caratterizzare, una specie davvero particolare e per cui si sentiva la necessità di uno spostamento di genere è Melanochromis labrosus. In questo ciclide, infatti, manca il tipico pattern di colorazione dei Melanochromis costituito da strisce orizzontali ed il tipico comportamento di difesa di un territorio fisso.Tuttavia le caratteristiche per cui questa specie spicca sono le labbra ed il cranio particolarmente sviluppati. Labbra ipertrofiche non sono rare tra ciclidi dato che sono presenti anche in altre specie di non-mbuna del lago Malawi come Otopharynx pachycheilus e Cheilochromis euchilus oppure in ciclidi del lago Tanganica come Lobochilotes labiatus. Un articolo recente cerca di capire se M. labrosus sia uno mbuna ed erige un nuovo genere per la specie.
Il nuovo genere porta il nome di Abactochromis che significa cromide (un termine frequentemente utilizzato nella sistematica dei ciclidi) espulso. Le caratteristiche del nuovo genere sono:
- endopterigoide e metapterigoide uniti;
- peduncolo dell'osso premascellare più lungo del 35% della lunghezza della testa;
- lunghezza della testa pari al 40% della lunghezza del corpo;
- labbra ipertrofiche.
Se trovate strano il fatto che delle labbra ipertrofiche possano servire per erigere un genere vi invito a guardare alla tribù di ciclidi del lago Tanganica (Cyphotilapinii) proposta pochi anni orsono sulla base della presenza di una gobba adiposa nucale. So che ve lo state chiedendo. Cosa se ne fa un ciclide di labbra così ingombranti? In passato si era ipotizzato che servissero per potenziare l'azione di suzione dei crostacei e dei piccoli ciclidi di cui si nutre la specie, ma gli autori della descrizione ritengono che siano troppo delicate per adempiere ad un compito di questo genere. L'analisi anatomica svela un'elevata presenza di papille sensoriali nelle labbra che quindi potrebbero servire a rilevare le prede nascoste nelle fessure scure delle rocce dove si nascondono. L'articolo si chiede anche se A. labrosus è uno mbuna? Gli autori ritengono di sì, anche se specificano che si tratta di un rappresentante atipico.
Io ho un unico dubbio. Perché non hanno confrontato A. labrosus con altri non mbuna? Magari si trovavano delle caratteristiche comuni che avrebbero spinto a raffinare l'analisi. Sarà per la prossima volta.
Abactochromis labrosus
Fotografia di Fabio Callegari.
Oliver, M.K., & M.E. Arnegard 2010. A new genus for Melanochromis labrosus, a problematic Lake Malawi cichlid with hypertrophied lips (Teleostei: Cichlidae). Ichthyol. Explor. Freshwaters, Vol. 21, No. 3, pp. 209-232.
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