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venerdì 7 gennaio 2011

Mimetismo e Corydoras

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Corydoras haraldschultzi
Credit: Martin Taylor


ResearchBlogging.org La sistematica li registra come pesci gatto neotropicali. I predatori li identificano come soggetti in grado di tenere a bada chiunque grazie alla corazza ossea e alle spine che li ornano e alla capacità nascosta di produrre tossine prontamente inoculate con le spine di cui sopra. Le acque stagnanti che li accolgono li vedono prosperare anche quando l'aria, oops, l'ossigeno disciolto nell'acqua raggiunge livelli minimi: in questi casi basta risalire verso la superficie per catturare piccole bolle d'aria che saranno assorbite nelle porzioni più ricche di vasi sanguigni dell'intestino. Le abitudini tipicamente bentoniche del gruppo li etichetta in acquariofilia come spazzini. Che miserabile ruolo quello che li costringe negli acquari a vivere in solitudine degli avanzi dei coinquilini quando in natura formano gruppi enormi che grufolano allegramente nel paesaggio subacqueo alla ricerca di alghe, insetti acquatici o terrestri, vermi e zooplancton. Ma è soprattutto il colore a renderli protagonisti. Alcune specie - tra le 150 che hanno un nome e tutte le altre che ne sono prive si trovano esempi di ogni genere - hanno livree caratterizzate da elementi disgreganti che tendono a far scomparire gli individui sullo sfondo, ma molte altre sono talmente appariscenti (strisce nere e bianche, macchie arancioni e nere) da essere definite aposematiche, da servire cioè come avvertimento per i predatori che sono gentilmente invitati a girare al largo.
Si sta parlando dei Corydoras, ma le meraviglie di questi pesci, o della sottofamiglia cui appartengono, i Corydoradini, non finiscono qua. I monitoraggi faunistici dimostrano che in un banco di questi pesci sono spesso presenti tre specie diverse molto simili tra loro che si differenziano quasi unicamente per la lunghezza del muso. Uno studio che ha guadagnato le pagine di Nature ha evidenziato 24 complessi mimetici che sono gruppi costituiti da 2-3 specie ciascuno che si imitano a vicenda in virtù della tossicità e delle capacità difensive. Siamo nel campo del mimetismo mülleriano, un tipo di mimetismo che facilita l'apprendimento da parte del predatore per mezzo della presentazione di un unico segnale. Se vedi sempre e solo un colore, ben presto lo riconosci e lo eviti.

La distribuzione dei sistemi mimetici
Alexandrou et Al. 2010 Nature


Il muso riporta alle mascelle e le mascelle rimandano alla dieta e di conseguenza l'analisi ha coinvolto anche l'alimentazione. Gli isotopi di carbonio e azoto hanno, infatti, dimostrato che le specie a muso lungo occupano posizioni più basse nella catena alimentare rispetto a quelle a muso corto. Questo equivale a dire che i mimi, per quanto simili per colore tra loro, tendono a non pestarsi i piedi. Quindi convergenza per forma e livrea, ma divergenza per utilizzazione delle risorse. A completare il quadro basta aggiungere che i Corydoras in simpatria non sono tra loro affini. Specie imparentate strettamente sono troppo simili per morfologia e tendono a non imitarsi.

Credit: Martin Taylor

Nel quadro generale del mimetismo mülleriano i Corydoradini ampliano lo spettro delle situazioni classiche delle farfalle del genere Heliconius e della tribú Ithominii dove per esempio i mimi tendono ad essere imparentati e a sfruttare risorse similari. I Corydoradini pongono tuttavia la questione del perché si formino così tanti complessi mimetici in territori limitati; in un'unica regione infatti possono essere presenti anche sei complessi mimetici diversi. Il mimetismo cerca di evitare la divergenza dato che il diverso perde i vantaggi della comune colorazione. Essere diverso potrebbe anche significare porsi fuori dal gioco e lasciare ai mimi lo svantaggio di aiutare i competitori diretti con il mimetismo. Al di là delle possibili risposte all'insorgenza dei complessi mimetici, risposte che non si hanno ancora, il caso dei Corydoras testimonia per la prima volta il ruolo della competizione per le risorse e della filogenesi come elementi fondamentali nel dispiegarsi del mimetismo mülleriano.



Alexandrou, M., Oliveira, C., Maillard, M., McGill, R., Newton, J., Creer, S., & Taylor, M. (2011). Competition and phylogeny determine community structure in Müllerian co-mimics Nature, 469 (7328), 84-88 DOI: 10.1038/nature09660

4 commenti:

tupaia ha detto...

Certo che devono essere veramente buoni da mangiare! Mimetismo, veleno, corazzatura ossea, gli manca solo una 45 Magnum per difendersi! Ma che tipo di predatore hanno?

Unknown ha detto...

È un mondo difficile per tutti, anche per i Corydoras che comunque hanno anche loro dei buoni predatori: aironi, martin pescatori, caracidi con bocche pazzesche come gli Hoplias malabaricus. Qualcuno mi ha mostrato una foto di un ciclide che si era mangiato un Corydoras e che stava da 4 ore con la bocca aperta perché le spine del malcapitato si erano innescate. Ha passato un'oretta a togliere la preda dalla bocca.

Marco Milardi ha detto...

Ti devo fare le pulci, anche se non ho ancora letto l'articolo completo (sono ancora in vacanza).

Non si usano radioisotopi ma isotopi stabili nelle analisi trofiche.

Anche perche' i radioisotopi di azoto e ossigeno (O-15 e N-13) sono assenti in natura.

Concludo invece con i complimenti per la voglia di continuare a scrivere anche nelle vacanze e per la qualita' degli articoli che hai pubblicato ultimamente.

Unknown ha detto...

AGHHHHHHHHHHHHHHHHHHH. Hai ragione Milo, grazie. Vado a tirare fuori il cilicio e correggo al volo. È il problema di scrivere di notte. Perlomeno non sono sempre lucido.
Grazie ancora per i complimenti.