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giovedì 23 aprile 2015

Alla ricerca del mare sopra la montagna: Danakilia dinicolai


A breve distanza dalla recente spedizione in Eritrea ho il piacere di ricevere da Giorgio Chiozzi il resoconto di un ulteriore viaggio alla ricerca di Danakilia dinicolai. Lascio a lui la parola. Per chi volesse rileggersi l'intera vicenda consiglio di aprire questo e quest'altro link.

Lago Abaeded o Ab Hebed
Fotografia di Giorgio Chiozzi

A distanza di tre mesi dalla prima spedizione africana che ha fruttato la scoperta di due nuove popolazioni di Danakilia fino ad allora sconosciute, sono ancora qui, ospite del blog di Livio Leoni, a raccontare delle mie nuove esperienze in Africa. Sono tornato ancora a percorrere le polverose e torride piste della Dancalia eritrea, ma questa volta ero in compagnia di Giuseppe De Marchi, scopritore della seconda specie nota per il genere Danakilia (D. dinicolai) e suo descrittore nel 2010, con Melanie Stiassny e Anton Lamboj.
Siamo arrivati ad Asmara il 29 marzo e per i primi giorni ci siamo dedicati all'organizzazione logistica della spedizione in Dancalia: acquisto di viveri, noleggio dell'auto fuoristrada, acquisizione dei permessi di viaggio e ricerca e sistemazione delle attrezzature e dei materiali necessari per le raccolte. In Eritrea, non è mai banale l'organizzazione di un viaggio in zone così remote, soprattutto per i problemi legati all'ottenimento dei permessi di transito in aree di confine con l'Etiopia, considerate potenzialmente pericolose per il persistente stato di allerta militare e la possibile presenza di armati irregolari, gli "sciftà", che si muovono praticamente indisturbati tra un confine e l'altro. Tuttavia, grazie all'ottimo rapporto di collaborazione che abbiamo instaurato in più di 15 anni con i responsabili eritrei appartenenti alle autorità e ai ministeri competenti sull'ambiente, abbiamo ottenuto ancora una volta il permesso per partire. Finalmente, il 2 aprile di buon'ora abbiamo lasciato alle nostre spalle Asmara e in serata eravamo già nella depressione Dancala, nell'ospitale, anche se poverissimo, villaggio afar di Adaito. Con noi viaggiavano Futsum Hagos, esperto di asini selvatici africani della Forestry and Wildlife Authority, e Yohannes Mebrathu, biologo marino del Ministry of Marine Resources alla sua prima esperienza di viaggio nell'interno della Dancalia. La nostra meta principale era raggiungere il Lago Abaeded o Ab Hebed, come lo chiamano gli afar, il "mare sopra la montagna". Si tratta infatti di un lago creatosi all'interno del cratere di un vulcano e sempre rifornito d'acqua grazie alla presenza di sorgenti sotterranee calde che lo alimentano. In questo laghetto di serena e limpida bellezza vive e prolifera con migliaia di esemplari la bellissima Danakilia dinicolai. Per la ricerca in corso sulle Danakilia era necessario raccogliere degli esemplari di questa specie e soprattutto il loro DNA. Il raggiungere il lago è tutt'altro che semplice e, memori dei problemi riscontrati durante la scorsa spedizione, abbiamo puntato tutto su questa meta, posticipando qualunque altra esplorazione dell'area per evitare imprevisti dell'ultimo minuto. Con l'aiuto di una guida afar del villaggio di Badda, passando in fuoristrada tra i campi di sorgo che vengono coltivati lungo i numerosi bracci in cui si divide il fiume Ragali nel tratto pianeggiante che segna il confine con l'Etiopia, evitando le insidie della sabbia nei campi di dune e restando lontani dalle postazioni militari di prima linea, siamo arrivati a un punto in cui l'unico modo per procedere era di caricarci tutto in spalla e attraversare a piedi una pianura desertica fino al cratere del lago Abaeded.
Speravo di vedere un bel panorama, ma lo scenario che mi si è parato davanti superata la duna di sabbia che porta sull'orlo del cratere era qualcosa di più: era di una bellezza spoglia e selvaggia pressoché indescrivibile. Il lago sul fondo del cratere è di un azzurro verdastro, quasi turchese, cinto da un vertiginoso muraglione di rocce vulcaniche bruno scuro, che apparivano nere nel sole della tarda mattinata. Alle rocce vulcaniche nere faceva da contrappunto il biancore abbacinante della duna di sabbia che ripidamente scende verso la sponda che si presenta cinta da una fascia verde di canne palustri e tamerici. Dal mio punto di osservazione, solo due piste di orme lasciate da un dromedario e da una gazzella mi convincevano che la sensazione di assoluta, minerale asetticità del luogo fosse solo apparente. Le acque del lago sono particolarmente trasparenti e, nonostante la sponda scenda rapidamente fino a una decina di metri di profondità, permettono una buona visione dei pesci presenti.

Un maschio di Danakilia dinicolai che si prende cura del nido
Fotografia di Giorgio Chiozzi

Si tratta solo di due specie, la già citata Danakilia dinicolai e di una forma non ancora studiata del genere Aphanius, quasi certamente affine ad Aphanius dispar. Di entrambe le specie erano presenti numerosissimi individui di tutte le taglie, cosa che indica l'assenza di una stagione riproduttiva circoscritta. Nelle acque presso la riva era possibile notare la presenza di molti maschi in colorazione riproduttiva, che facevano la guardia ai loro rispettivi pozzetti di riproduzione, scavi poco profondi nel substrato del fondo e distanziati tra loro da alcune decine di centimetri fino a pochi metri, respingendo aggressivamente ogni intruso. La temperatura dell'acqua presso la riva in corrispondenza dei pozzetti scavati dai maschi non era elevata come nei punti di fuoriuscita delle acque sorgive calde (dove i pesci non si riproducevano), ma si attestava sui 32 °C alle ore 11:00. L'acqua era debolmente basica (pH 7,8), mentre l'ossigeno (tra 8 e 10 mg/l) era particolarmente abbondante. Una lettura con il conduttivimetro elettronico purtroppo mi ha fornito solo l'informazione generica di un elevatissimo contenuto di sali disciolti perché fuori dai valori massimi di taratura dello strumento. La raccolta di campioni di acqua, tuttavia, mi permetterà di ricavare dati più precisi e completi in laboratorio. Purtroppo, l’estrema calura non ha permesso di mantenere in vita degli esemplari per l’allevamento in cattività, cosa che avevamo sperato di poter fare.

Uno scorcio del fiume Sariga.
Fotografia di Giorgio Chiozzi

Nei giorni successivi ci siamo recati lungo il fiume Sariga che durante la spedizione di dicembre 2014-gennaio 2015 non aveva fornito che degli esemplari di Aphanius. Da casa, con l’aiuto di Google Earth, avevamo ipotizzato la presenza di un paio di stazioni interessanti lungo il Sariga. Dalle immagini satellitari si poteva infatti evidenziare una vegetazione abbondante indizio di acque permanenti e perciò di pesci. In giorni diversi si siamo recati in due località lungo il corso del fiume. Nella prima, situata a una ventina di chilometri dal punto esplorato a gennaio, non abbiamo trovato che degli Aphanius. L’acqua rimasta nelle pozze non era particolarmente abbondante e profonda e la vegetazione era povera, denotando il carattere avventizio delle raccolte d’acqua residuali. Il giorno successivo, invece, dopo aver passato la notte presso un avamposto militare, ci siamo diretti nel luogo che maggiormente ci dava speranza di potere fruttare interessanti scoperte. Dopo avere attraversato un tratto desertico ci siamo trovati sull’orlo di un canyon scavato nel gesso dalla forza del fiume e sotto di noi, a una quarantina di metri, in un paesaggio bellissimo e di inaspettato contrasto, si scorgeva una vegetazione lussureggiante e una gran quantità d’acqua. Seguendo la pista lasciata dagli asini selvatici che usano le pozze per abbeverarsi, siamo riusciti a scendere lungo il letto del fiume, fino a -88 m. L’acqua era piuttosto limacciosa e, in un primo momento, l’unica specie sembrava essere l’onnipresente Aphanius, visibile in abbondanza presso la riva. Poi, guardando meglio, abbiamo visto anche delle piccole Danakilia e ci siamo rincuorati: se c’erano i giovani, c’erano certamente anche gli adulti! Estratta la sciabica dallo zaino abbiamo fatta la prima retata, praticamente alla cieca. Quando abbiamo sollevato la rete c’erano almeno 150 pesci di tutte le misure, ma soprattutto ci trovavamo in presenza della quarta popolazione vitale del genere Danakilia! L’acqua del Sariga alle ore 8:30 ha una temperatura di 25,9 °C e pH 8. L’ossigeno disciolto è abbondante (8-10 mg/l), mentre la conduttività (come nel Lago Abaeded) è talmente elevata da uscire dal limite massimo di taratura del conduttivimetro. Anche in questo caso i campioni d’acqua raccolti mi daranno risultati più precisi.
Nella giornata seguente siamo tornati sul fiume Shukoray già visitato a gennaio per effettuare delle riprese subacquee dei maschi di Danakilia che abbiamo trovato ancora in riproduzione e prendere dei campioni d’acqua.
La prossima spedizione mi vedrà in Etiopia sul Lago Afrera. Spero di raccogliere esemplari di Danakilia franchettii che mi permetteranno di trarre, grazie al DNA e alla morfologia comparata, delle considerazioni filogenetiche sull’intero genere di questi stimolanti ciclidi, già ora un po’ meno misteriosi.

Yohannes Mebrathu, Giuseppe De Marchi, Futsum Hagos, Giorgio Chiozzi
Per concludere, desidero ringraziare Melanie Stiassny e l’American Museum of Natural History per l’importante contributo economico dato alla spedizione. Senza questo aiuto sarebbe stato tutto più difficile. Desidero anche ringraziare Mauro Fasola (Università di Pavia) e Anton Lamboj (Università di Vienna) per l’appoggio morale e i consigli e Gianni Ghezzi (Le Onde, Offanengo CR) per la sponsorizzazione tecnica. Un sentito ringraziamento ai colleghi e amici eritrei (Futsum Hagos e Yohannes Mebrathu) per l’impegno personale sul campo e l’indispensabile assistenza per l’ottenimento dei permessi di ricerca. Un ringraziamento speciale al mio inseparabile compagno di viaggi e amico Giuseppe De Marchi.

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